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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2012 alle ore 13:25.

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CHRISTCHURCH (Nuova Zelanda) - Sono passati quasi due anni dal devastante terremoto del febbraio 2011 che ha colpito Christchurch seminando morte e devastazione ma nella più importante cittadina neozelandese del Sud negozi e pub sono ancora concentrati tutti in un nuovo quartiere fatto di contanier e prefabbricati. Le scosse del maggio e del luglio scorso hanno poi rafforzato nella popolazione di questa parte dell'isola meridionale un diffuso senso di precarietà e l'abitudine a considerare la natura fonte inesauribile di ricchezze da proteggere così come di forza distruttrice.

È un sensazione, questa, molto familiare ai veterani delle spedizioni antartiche che si trovano spesso a loro agio più nei container e quando sono costretti a far fronte alle avverse condizioni metereologiche che nella vita di ogni giorno. Da sempre è da questa città' e dal vicino porto di Lyttelton che sono partite le spedizioni per l'Antartide, da quella leggendaria del gennaio 1908 dell'inglese Ernest Shackleton alle missioni neozelandesi verso la base Scott ma anche americane, francesi, coreane e tutte quelle italiane dalle prime negli anni 80 organizzate da Mario Zucchelli fino al Programma nazionale di ricerche in Antartide che opera sotto l'egida del Ministero dell'Istruzione, Università e ricerca (Miur), è coordinato da una commissione scientifica e dal Cnr e la cui logistica è affidata a un'unità' tecnica dell'Enea. Una spesa di circa 20 milioni di euro l'anno per consentire a ricercatori e studiosi italiani di cogliere tutte le ricche opportunita' che il continente bianco offre a chi ha capacità e strumenti.

È lì, del resto, che per la prima volta è stato individuato il buco dell'ozono e sono nati sempre lì gli studi sui cambiamenti climatici e la biodiversità. Ma la strada che porta i ricercatori italiani dallstrale universitarie alla base di Baia Terranova ormai intitolata a Mario Zucchelli o a quella italo-francese di Concordia di Dom C a 3300 metri di quota è lunga e tutt'altro che agevole. C'e' innanzi tutto la selezione dei progetti di ricerca ma esiste anche una selezione sulle capacita' di adattamento delle persone che dovranno realizzarli. I tempi sono certamente cambiati dalla corsa verso il Polo Sud tra il norvegese Roald Amudsen e l'ufficiale della Marina inglese Robert Falcon Scott.

Ma a cento anni di distanza da quella stagione pionieristica ed avventurosa il viaggio verso l'Antartide comporta ancora oggi molti margini di pericolo per l'ambiente estremo e le condizioni eccezionali nel quale si è costretti a lavorare. La prima grande incertezza riguarda il viaggio verso la base. Questo non solo per le mutevoli condizioni meteo. Ormai da anni i trasporti e la logistica verso la stazione Mario Zucchelli e la più remota Concordia sono garantiti ogni due anni dalla nave Italica e da collegamenti aerei annuali con C130 da Christchurch. Aerei che atterrano e poi decollano vicino alla base su una pista in ghiaccio marino allestita di anno in anno tra ottobre e novembre nella prima parte dell'estate antartica, quando cioè lo spessore del ghiaccio può sopportare agevolmente il peso di un aereo.

Ma piccoli contrattempi sono sempre in agguato. Finora tutto è filato liscio nei voli organizzati dall'inzio dell'operativita' della base per la28a missione del Progamma di ricerca italiana (ossia dal 16 ottobre scorso) ma, ad esempio, il volo che avrebbe dovuto portarmi in Baia Terranova, unico giornalista al seguito della spedizione italiana, ha subito un ritardo di 24 ore slittando dal 6 al 7 novembre. Nulla di grave ma a causa delle forti sollecitazioni subite dall'ultimo viaggio di ritorno dall'Antartide una parte del parabrezza del C 130 si è incrinato ed è stato sostituito. Una pausa utile per guardarsi intorno vicino allo scalo dedicato ai voli verso l'Antartide e scoprire una sorta di Disneyland del Polo Sud con gallerie del vento, simulazioni di tormente di neve, trattori firmati da Edmund Hillary, l'apicoltore neozelandese che vinse l'Everest nel'53 inseme allo sherpa Tenzing Norgay e il cui nome resta legato anche ad importanti missioni in Antartide.

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