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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2012 alle ore 06:39.
Conto alla rovescia per il varo delle regole sulle «liste pulite» che proveranno a esordire già per il voto nel Lazio, in Lombardia e Molise a fine gennaio. Il testo del decreto legislativo che attua la legge anticorruzione, fissando i paletti sull'incandidabilità dei condannati in via definitiva, è quasi pronto. Restano gli ultimi nodi – in particolare la durata dell'incandidabilità – che saranno sciolti dai tre ministri interessati (Interno, Giustizia e Pubblica amministrazione) dopodomani. L'obiettivo è «chiudere il cerchio entro questa settimana», ha ribadito ieri il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri. Il decreto potrebbe così essere varato dal Consiglio dei ministri della prossima settimana.
La delega individua tre tipologie di reati – associativo, terrorismo e contro la Pa – che chiuderanno la porta del Parlamento, italiano ed europeo a tutti i condannati in via definitiva. Che saranno esclusi anche dalle elezioni regionali, provinciali e comunali e dalla possibilità di ricoprire cariche di vertice in consorzi, unioni di comuni, aziende speciali e comunità montane. La tagliola scatterà in presenza di una condanna definitiva a pene superiori a due anni di reclusione, con tanto di decadenza automatica dalla carica degli eventuali eletti.
Fino a qui le certezze. Resta invece ancora in sospeso, oltre al "catalogo" dei reati sui cui i tecnici stanno ancora lavorando (si punta ad allargare ai casi di pedofilia e di falso), la durata della incandidabilità. La delega parla solo di "temporaneità" e se inizialmente si era previsto che l'interdizione potesse avere una durata doppia rispetto alla condanna ricevuta, ora starebbe emergendo una posizione più dura, che prevedrebbe ben 10 anni di incandidabilità.
L'annuncio del varo imminente del decreto – finito anche nel colloquio di ieri tra il segretario del Pdl Angelino Alfano ed il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – ha ravvivato il dibattito tra i partiti che ieri si sono divisi soprattutto sulla soglia all'incandidabilità. La "linea del Piave" di fatto è il grado di giudizio al quale far scattare la norma. «Tocca ai partiti, come abbiamo fatto noi – ha detto ieri il segretario del Pd Pier Luigi Bersani – mettere un tetto oltre il quale scatta l'incandidabilità, anche solo con sentenza di primo grado». E se Alfonso Papa (Pdl) ha rivolto un appello al pm Woodcock per arrivare a sentenza prima della fine della legislatura, Osvaldo Napoli, sempre del Pdl, chiede il «giusto garantismo» e cioè il sigillo della condanna definitiva.
Dopo il via libera di Palazzo Chigi il Parlamento avrà al massimo due mesi di tempo per pronunciarsi sul testo con un parere che non sarà però vincolante. L'obiettivo è provare a far entrare in vigore le regole già alle prossime elezioni regionali. Un "assaggio" prima delle politiche della prossima primavera.
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