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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2012 alle ore 10:10.

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Il messaggio della finanza, e di buona parte della Corporate America, al Barack Obama del secondo mandato alla Casa Bianca è trasparente: auspica una tregua, un dialogo che sostituisca le frequenti battaglie degli ultimi quattro anni. Nel caso di Wall Street questo può essere facilitato, paradossalmente, proprio dalla netta vittoria del presidente, non solo nelle urne ma nel dibattito sulla necessità di nuove regole e più stretta sorveglianza. È ora più di prima questo il punto di partenza accettato da tutti. E può consentire alle banche di archiviare stridenti proteste e all'amministrazione di adottare toni negoziali e più costruttivi.

Una delle grandi offese delle quali Wall Street non ha saputo capacitarsi, più ancora delle strette legislative e degli attacchi retorici, è stata infatti l'improvviso scarso dialogo con il Governo. Il non essere stati neppure consultati mentre le nuove regole venivano messe a fuoco. Si racconta che Jamie Dimon di JP Morgan, pur considerato il banchiere in passato più vicino a Obama, sia rimasto scioccato dalle porte chiuse. Proprio JP Morgan, proteste a parte, all'indomani del voto forse non a caso ha accelerato le trattative con la Sec per una "multa" sulle sue discutibili pratiche nei derivati sui mutui. Stando alle indiscrezioni potrebbe accettare di pagare un cifra entro i 550 milioni di dollari già versati a Goldman Sachs.

Un altro punto di partenza comune, oggettivo anziché soggettivo, potrebbe incoraggiare la tregua. Dopo le strette legislative e dei controlli interni, banche e sistema finanziario statunitense vantano condizioni di maggior stabilità e solidità rispetto ai partner, ad esempio a molte realtà europee. L'economia, per quanto debole, ha inoltre inviato segnali di miglioramento che possono favorire un clima di fiducia anche nella finanza. Un dialogo costruttivo potrebbe in simili condizioni avvantaggiare tutti: un'amministrazione alla ricerca di crescente normalità economica e banche a caccia di conti solidi e buone performance in Borsa, dove i titoli finanziari hanno sempre svolto un ruolo essenziale.

La speranza di rapporti costruttivi durante una seconda amministrazione Obama, oltretutto, appare contagiosa: si estende a tutta l'Azienda America, al di là delle agende dei singoli settori. Un test sarà la riforma complessiva delle imposte promessa in campagna elettorale anche dal presidente, non solo dal suo rivale repubblicano Mitt Romney. Questo, per quanto riguarda le società, lascia ipotizzare una semplificazione del regime fiscale, che veda l'eliminazione di troppe scappatoie accompagnata però da riduzioni nelle aliquote, oggi fino al 35% e spesso eluse con manovre contabili diventate ulteriore fonte di tensione. Attenti osservatori come Allen Sinai di Decision Economics ritengono anzi, fatta salva la necessità di risanare il debito federale, questo compromesso fiscale «la principale singola riforma» per sbloccare la crescita.

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