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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2012 alle ore 08:12.

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La riduzione del cuneo fiscale può favorire la crescita del prodotto interno lordo e dell'occupazione. Il rapporto sui contributi alle imprese consegnato al premier Mario Monti dal Prof. Francesco Giavazzi riporta una stima delle voci di spesa che potrebbero essere riallocate a favore del sistema produttivo attraverso una riduzione del cosiddetto cuneo fiscale, vale a dire la differenza tra salario lordo pagato dall'impresa ed il netto percepito dal lavoratore.

In tal modo si vorrebbe compensare il mancato beneficio di taluni soggetti appartenenti a determinati settori con una generalizzata riduzione della pressione fiscale dalla quale ci si attende un effetto positivo in termini di crescita. In vista dell'atteso intervento di riduzione del cuneo, in funzione della possibile riallocazione delle risorse, è interessante verificare quali potranno essere gli effetti per famiglie e imprese.

Sono stati analizzati tre scenari alternativi in base ai soggetti beneficiari: nel primo caso le risorse liberate dalla riduzione dei contributi sono interamente destinate alle famiglie attraverso l'incremento del salario netto percepito dai lavoratori, nel secondo sono indirizzate alle imprese attraverso una riduzione delle componenti contributive e fiscali a loro carico, nel terzo caso si ipotizza un'equa ripartizione tra lavoratori e imprese. Le tre opzioni sono confrontate rispetto all'odierna distribuzione settoriale dei contributi alle imprese e tengono conto dell'eventuale ritardo nei pagamenti registrato in omologhi programmi di spesa.

Sulla base dei dati di contabilità nazionale è stata costruita una "matrice di contabilità sociale" che, per la sua caratteristica di riflettere intrinsecamente le relazioni presenti in un sistema economico, permette di ricostruire i meccanismi di trasmissione degli impulsi posti in essere da una variazione della domanda finale. Nel modello sono stati inseriti i 10 miliardi di euro individuati dal rapporto; successivamente lo stesso ammontare di risorse è stato attribuito prima alle imprese e poi alle famiglie in accordo ai rispettivi profili di spesa, di risparmio e di investimento.

Dal confronto, emerge che lo scenario migliore sia dal punto di vista del valore aggiunto, che della produzione e del prodotto interno lordo è quello nel quale gli incentivi vengono tutti riallocati a favore delle imprese. Se, viceversa, si intende favorire una politica di sostegno dei redditi, allora è il più interessante lo scenario uno - idoneo ad attivare in misura maggiore i consumi ed il conseguente gettito fiscale. Il terzo scenario genera nel complesso un effetto moltiplicativo maggiore di quello attuale ma inferiore rispetto all'ipotesi due, tuttavia, considerando le molteplici aspettative alimentate dalla più volte annunciata riduzione della pressione fiscale, appare il più equilibrato.

I tagli suggeriti alla presidenza del Consiglio subiranno un significativo ridimensionamento e le risorse residue, per quanto rilevanti, potranno essere indirizzate a favore di altre misure quali quelle introdotte dalla legge di stabilità. Tuttavia, le rappresentanze politiche hanno manifestato interesse nei confronti di un simile intervento ed anche Confindustria si è mostrata favorevole a sostituire parte dei vecchi sussidi in cambio di una significativa riduzione della pressione fiscale.

C'è spazio, dunque, per un radicale cambiamento di rotta ma serve coraggio e determinazione, caratteristiche che l'esecutivo ha già dimostrato di possedere quando è intervenuto nei confronti di altre categorie di soggetti. Qualunque sarà la decisione finale, il dibattito intorno alla opportunità di distribuire denaro pubblico a favore delle imprese è destinato a proseguire.

guido.nannariello@tesoro.it

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