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Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2012 alle ore 08:12.

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e Sara Monaci
La rivincita di Silvio Berlusconi potrebbe partire dalla Lombardia: l'appoggio a Roberto Maroni alla guida della regione, in cambio della rinnovata alleanza con il Carroccio per le politiche. Sarebbe la mossa del cavallo: scavalcare in un sol colpo gli ostacoli, quei pedoni che giovedì all'ufficio di presidenza gli si sono parati davanti mettendolo in minoranza, costringendolo ad accettare le primarie del Pdl.
L'ipotesi preoccupa i piani alti pidiellini che al momento puntano su Gabriele Albertini, l'ex sindaco di Milano fortemente sponsorizzato da Formigoni. E in Lombardia preoccupa ancora di più il governatore uscente Roberto Formigoni, che fino a ieri era il principale rappresentante della corrente di Comunione e liberazione dentro il Pdl.
Il presidente lombardo, dopo 17 anni consecutivi alla guida del Pirellone, è stato sfiduciato poche settimane fa proprio dalla Lega, che ha messo in discussione la sua leadership di fronte alla quattordicesima inchiesta giudiziaria in regione e all'arresto di un assessore pidiellino. L'alleanza fra il Carroccio e Formigoni in Lombardia si è rotta irreparabilmente e da subito Formigoni ha fatto di tutto per candidare Albertini avvertendo del pericolo di una Lombardia in mano alla Lega. Stessa cosa per il Carroccio: in Lombardia i maroniani vedono come il fumo negli occhi un'alleanza con Formigoni, e quindi con Albertini, perché, temono, farebbe perdere ancora più voti.
Il tentativo di ricomporre l'alleanza è quindi tutta in mano a Berlusconi, che potrebbe virare su Maroni o tentare fino all'ultimo di trovare un candidato di compromesso. «Sta valutando, è una delle ipotesi ...», conferma un berlusconiano. E non è un caso che un fedelissimo del Cavaliere, qual è indiscutibilmente Sandro Bondi, abbia manifestato pubblicamente l'endorsement per l'ex ministro dell'Interno («è necessario mantenere, specialmente in Lombardia l'alleanza con la Lega, Maroni è un uomo di governo stimato»). Berlusconi per ora resta a Malindi e tace. Attende l'ufficializzazione della candidatura di Maroni, che avverrà domani, ma anche l'esito della riunione sulla legge elettorale. La partita se la vuole giocare contemporaneamente sul fronte milanese e romano. Esattamente come fece 19 anni fa, quando, prima ancora della discesa in campo ufficiale de «L'Italia è il Paese che amo», sponsorizzò Gianfranco Fini per la poltrona di sindaco di Roma. Lo schema potrebbe ripetersi ora con Maroni. E potrebbe avvenire anche con modalità simili, ovvero fuori dalle ritualità del partito. «Tornerò presto in revisione...», ha già fatto sapere il Cavaliere che – questo è dato per scontato – d'ora in poi da uffici di presidenza e assemblee di partito si terrà alla larga.
L'ex premier inoltre ha una spinta in più in Lombardia: mal digerisce il nome di Albertini, che solo a fine 2011, durante gli stati generali del Pdl, gli fece pubblicamente capire, seppure indirettamente, il disappunto sul suo stile di vita. «La meritocrazia non è essere una bella ragazza, va bene se si vuole fare la spogliarellista ma non il ministro».
Martedì scorso a Roma c'è stata una riunione tra Alfano, La Russa e i principali esponenti del partito proprio sul caso Lombardia. Una riunione durante la quale è emerso anche un nome a sorpresa, quello di Giulio Tremonti. A ipotizzarne la candidatura è stato Ignazio La Russa, che continua a mantenere buoni rapporti con l'ex ministro del Tesoro, e che lo ritiene spendibile per tentare di agganciare il Carroccio. Maria Stella Gelmini ha detto che si sta cercando una «sintesi» assieme a Berlusconi. «L'unica cosa certa è che se andiamo divisi perderemo, come è già successo in Sicilia...», conferma Viviana Beccalossi, anche lei esponente di punta del Pdl lombardo. Allo stesso tempo però il Pdl non vuole lasciare anche la Lombardia alla Lega. Lo ha detto anche Berlusconi nell'intervista rilasciata a Bruno Vespa giorni fa. Ma conta poco. A Giancarlo Galan promise solennemente che sarebbe stato riconfermato in Veneto e poi abbiamo visto come è andata a finire. Allora c'era in gioco la tenuta del governo, oggi la posta è addirittura più alta: la sopravvivenza politica del Cavaliere. Intanto anche i sindaci pidiellini lombardi si agitano di fronte all'ipotesi Lega: sembra che stiano spingendo la candidatura del coordinatore regionale Mario Mantovani.
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