Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2012 alle ore 06:38.

My24


Gli israeliani hanno già dato alla missione un nome in codice: "Pilastro di sicurezza". Hamas annuncia minaccioso che Israele «ha aperto le porte dell'inferno». Tutto già sentito e visto, inutilmente ripetuto con un risultato finale prevedibile. Era già accaduto in grande stile quattro anni fa. Ma il mondo arabo che allora aveva ignorato quella guerra, oggi è piuttosto diverso.
Si ricomincia nel pomeriggio di ieri con un razzo che centra sul lungomare di Gaza City l'auto di Ahmed al-Jabari. È il capo supremo di Ezzedin al-Kassam, il braccio militare di Hamas, uno degli uomini più potenti della striscia. Jabari muore all'istante insieme a un altro ufficiale. «Aveva le mani sporche di sangue», spiega Avital Leibovich, portavoce delle forze armate. Jabari era stato l'organizzatore del sequestro del soldato israeliano Gilat Shalit. «Ha finanziato e condotto tutte le operazioni militari contro Israele. La sua eliminazione è un messaggio ad Hamas: se continuano a promuovere terrorismo saranno puniti», conclude il tenente colonnello Leibovich.
È l'atto iniziale e per ora più importante dell'offensiva israeliana su Gaza. Ieri Obama ha avuto un colloquio telefonico con il premier israeliano Netanyahu sui raid.
La risposta ai 110 razzi sparati contro Israele solo nell'ultimo fine settimana; ai nuovi cinque che nel pomeriggio di ieri erano partiti dalla penisola del Sinai egiziano: probabilmente altri jihadisti di Gaza aiutati dai beduini. Sono almeno 20 gli obiettivi di "Pilastro di sicurezza" (il nome della guerra del 2008 era "Piombo fuso"). Muore un altro capo militare a Rafah, vengono distrutti diversi arsenali di razzi costruiti a Gaza e di quelli di fabbricazione iraniana, arrivati attraverso i tunnel al confine egiziano. Il bilancio è di sette palestinesi morti e una ventina di feriti. Lo Shin Bet, i servizi segreti interni israeliani, sostiene che l'operazione è «limitata»: eliminare la capacità di fuoco di Hamas. Ma «tutte le opzioni sono prese in considerazione. Se necessario, le forze armate sono pronte a iniziare un'operazione terrestre».
Questo dipenderà dalla reazione di Hamas e della Jihad islamica. «Vendetta», «colpiamo Tel Aviv stanotte», gridavano ieri sera i miliziani palestinesi davanti all'ospedale dove era stato portato Jabari. La tradizione del conflitto fra Israele e Hamas, una specie di resa dei conti a due, richiede che le vendette prima o poi si esauriscano in una tregua instabile. Alla fine viene sempre raggiunta, dopo morti e feriti, lasciando le cose come erano iniziate: Israele soddisfatta di aver "punito" gli aggressori e Hamas, sempre più saldo al potere dentro Gaza, con un numero sufficiente di razzi per poter ricominciare.
«L'escalation israeliana modificherà enormemente la stabilità e la sicurezza dell'intera regione», dice il ministro degli Esteri egiziano Kamel Amr, chiedendo la cessazione immediata dell'operazione. Il Cairo ha poi richiamato il proprio ambasciatore in Israele mentre i Fratelli musulmani, ora partito di potere e padri putativi di Hamas, accusano il Governo Netanyahu di voler usare l'offensiva su Gaza per fini elettorali: in Israele si vota a gennaio. Anche i palestinesi di Ramallah, solitamente muti osservatori, insorgono. Saeb Erekat, capo di un negoziato inesistente, sostiene che Israele «è pienamente responsabile per le conseguenze di questa nuova aggressione». Abu Mazen, il presidente dell'Autorità palestinese, invoca un vertice straordinario della Lega Araba.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi