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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2012 alle ore 06:37.

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La cultura italiana (e il made in Italy) stanno erodendo le loro basi competitive profonde. Dalle performance della produzione culturale italiana in termini di export emerge un deficit competitivo che finisce per ripercuotersi anche sulla capacità competitiva dei settori che utilizzano i contenuti culturali come materia prima delle proprie catene del valore. In primis quindi l'industria creativa e più in generale le filiere del made in Italy. Si tratta quindi di una criticità potenzialmente molto seria, che ha bisogno di essere analizzata con attenzione e affrontata tempestivamente.
A cosa può essere dovuta questa perdita di incisività della produzione culturale italiana nel contesto globale? Vi sono certamente molte cause, alcune delle quali legate a tendenze di lungo termine molto complesse a cui contribuiscono una molteplicità di fattori. Una causa senz'altro importante e anche molto evidente è la perdita di centralità sociale che la cultura ha sofferto negli ultimi anni nel nostro Paese. I Paesi che si mostrano oggi più dinamici nella produzione e nell'esportazione di cultura sono anche quelli dove la cultura e i produttori culturali godono di un elevato livello di riconoscimento sociale e di una elevata attenzione dei media, contribuiscono in modo rilevante alla costruzione dell'immaginario collettivo, vengono ritenuti meritevoli di appoggio e di sostegno in quanto l'affermazione dell'eccellenza creativa nazionale è l'affermazione dell'eccellenza di tutto il Paese (Sacco & Segre, 2009). In Italia, in questo momento, la cultura è al contrario sentita e raccontata come un ambito decisamente marginale rispetto a quelli vitali per il futuro del Paese, è lontana dall'attenzione e dagli interessi della maggior parte degli italiani, fa fatica ad esprimere e a legittimare il proprio diritto ad essere sostenuta e promossa, salvo poi essere chiamata in causa come oggetto di autocelebrazione retorica, che però non fa che aumentare il senso di distanza e di alienazione degli italiani dalla cultura italiana dell'oggi (Caliandro & Sacco, 2011). Se non si interviene su questa dimensione sarà oggettivamente difficile rivitalizzare il nostro sistema culturale e creativo, per quanto si insista sul suo impatto economico e sul suo potenziale di sviluppo futuro.
Un altro fattore che deve destare una certa preoccupazione è il fatto che l'industria culturale italiana, essendo prevalentemente dipendente dalla domanda interna, soprattutto in determinati settori potrebbe risentire particolarmente di una contrazione del fatturato derivante dalla crisi economica, indebolendo ulteriormente un anello cruciale del nostro sistema di produzione culturale e creativa. La spinta verso l'internazionalizzazione dei nostri contenuti culturali non è quindi solo legata alle priorità di rafforzamento della nostra competitività di sistema ma riguarda anche la stessa tenuta strutturale di alcune filiere produttive chiave.
Diventa quindi essenziale, e massimamente prioritario, avviare un nuovo ciclo di sviluppo strategico della nostra industria culturale e creativa nel suo complesso se si vuole poter cogliere le opportunità per il sistema Paese in uno dei pochi macro-settori in cui ci viene ancora generalmente riconosciuta una potenziale leadership a livello globale che però, a seguito dell'attuale inazione strategica e del mancato coordinamento tra i settori produttivi, si sta inesorabilmente erodendo.
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