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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2012 alle ore 06:39.

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ROMA
L'odissea della riforma della diffamazione si è arricchita ieri di un nuovo capitolo. Come annunciato martedì della scorsa settimana, il relatore al provvedimento Filippo Berselli (Pdl) ha presentato un emendamento al testo, che esclude il carcere per i direttori che partecipano al reato o responsabili per omesso controllo sul giornalista diffamatore. Resta solo una multa. Per salvare Sallusti (direttore del Giornale condannato in via definitiva a 14 mesi di carcere), la mossa si è resa necessaria dopo che era passato martedì in Aula al Senato, a scrutinio segreto, un emendamento della Lega, appoggiato anche dall'Api, che dava al giudice la possibilità di infliggere, come pena massima, la reclusione fino a un anno a chi è condannato per diffamazione a mezzo stampa. I numeri lasciavano intuire che la proposta, nel segreto dell'urna, aveva ottenuto l'appoggio di senatori sia del Pdl che del Pd, contro l'accordo tra i due stessi partiti che cinque giorni prima aveva ottenuto il via libera in commissione Giustizia: no al carcere per i giornalisti, pena pecuniaria massima fino a 50mila euro.
Ieri, inoltre, il Pdl ha deciso di accelerare. Inizialmente il proseguimento della discussione era prevista in Aula al Senato per domani, ultimo punto dell'ordine del giorno. Ma la conferenza dei capigruppo ha deciso l'anticipazione a oggi alle 10: la settimana prossima il calendario sarà intasato dalla discussione sulla legge elettorale. Quindi sarebbe stato difficile approvare un testo che escluda il carcere almeno per il direttore, in tempo per salvare Sallusti (la pena carceraria potrebbe diventare esecutiva da un momento all'altro).
Tuttavia, oggi bisognerà votare prima di tutto la richiesta di sospensiva depositata dal Pd. Qualora passasse, il testo tornerebbe in commissione per essere di fatto messo su un binario morto. Se invece venisse bocciata, la partita potrebbe riaprirsi. Le dichiarazioni concilianti di Lega e Api – che potrebbero anche ritirare la richiesta di voto segreto sugli emendamenti rimasti e sull'intero articolo 1 (quello con le norme più importanti) – lasciano intuire che forse potrebbero anche votare l'emendamento Berselli e poi tutta la riforma. Ma anche se il testo passasse al Senato, la questione è tutt'altro che chiusa. Alla Camera i numeri di Pdl e Lega sono meno favorevoli e l'opposizione del Pd lascia un grosso punto interrogativo sull'ok definitivo alla legge.
«Ove la sospensiva venisse bocciata ci sarà una nuova capigruppo che deciderà come andare avanti con la calendarizzazione - ha spiegato la presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro -. A nostro avviso questa dovrà lasciare la priorità a cose vive: la diffamazione è un corpo morto, un Frankenstein». «C'è un forte rischio di incostituzionalità, se il testo va avanti il Pd voterà contro», dice la senatrice Pd Silvia Della Monica (ex relatrice al testo insieme a Berselli). Di diverso avviso il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri, che parla di un «pit stop» possibile, prima di una rapida ripartenza. «Liberi i direttori, in galera i giornalisti? Un rattoppo con il buco. Impraticabile», ha commentato Franco Siddi, segretario generale della Fnsi, il sindacato dei giornalisti. Anche Sallusti ha bocciato la norma: «Ringrazio il presidente Berselli e i suoi colleghi per il lavoro che hanno fatto. Trovo, comunque, che non risolva il mio problema».
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