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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2012 alle ore 10:33.

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(Ansa)(Ansa)

MILANO - Il suo brutale omicidio scalfì le coscienze dei milanesi. In Lombardia si ebbe l'impressione, forse per la prima volta, che quella Calabria violenta e truce della 'ndrangheta non era poi così lontana. Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia poco più che quarantenne, venne prelevata in centro, a Milano, a pochi passi da Corso Sempione. Era la sera del 24 novembre del 2009, un mese a Natale.

A bordo di un furgone bianco la portarono in un casolare alle porte di Monza. Lì, secondo le indagini, fu torturata per ore al fine di farle dire la verità sul suo racconto alla polizia. Lea aveva "spifferato" verità scomode su alcuni omicidi di 'ndrangheta a Milano. Poi la bruciarono. Già, proprio così. Bruciata, e non dissolta nell'acido come ipotizzato fin'ora.
La svolta nelle indagini è arrivata in queste ore. Il corpo della donna sarebbe stato ritrovato carbonizzato in un campo della Brianza e non sarebbe stato sciolto nell'acido come per lungo tempo ipotizzato. Vicino al cadavere ridotto in tizzone della donna, gli inquirenti hanno trovato alcuni oggetti che ne avrebbero rivelato l'identità. Anche se solo l'esame del DNA potrà fugare ogni dubbio.
A marzo scorso, i sei indagati per l'omicidio di Lea (tra cui l'ex marito, Carlo Cosco, e l'ex fidanzato della figlia Denise) sono stati condannati all'ergastolo. Sono tutti petilini (di Petilia Policastro, comune del crotonese), e petilina era anche Lea.

Una vita in salita la sua. In tenera età perde il padre, e anche il fratello. Tutti e due uccisi dalla 'ndrangheta. Poi sposa Carlo, giovane rampollo della mala locale. L'inconsapevolezza dei vent'anni gioca brutti scherzi. Lea si trova a vivere una vita che non vuole, una vita che conosce già ma che vorrebbe evitare alla piccola Denise, sua figlia.
Così decide di collaborare con la giustizia. E inizia un inferno fatto di solitudini e continui cambi di residenze. Lea e Denise, testardamente insieme. Fino alla decisione, azzardata, di lasciare il programma di protezione. Si fida, Lea. È convinta che siano disposti a perdonarla, quelli lì. E ha in mente di andarsene in Australia. Ma il suo viaggio finisce a Milano, dietro Corso Sempione.

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