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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2012 alle ore 06:38.

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Il presidente dell'Argentina Cristina Kirchner (Reuters)Il presidente dell'Argentina Cristina Kirchner (Reuters)

La batosta attesa è arrivata e mette l'Argentina in pessime acque. La scorsa notte, un giudice di New York ha stabilito che Buenos Aires deve pagare anche i possessori di bond che non accettarono la ristrutturazione successiva al default del 2001. Finché non lo avrà fatto, il Governo argentino, inoltre, non potrà continuare a pagare gli interessi ai proprietari delle obbligazioni ristrutturate. Il Paese si trova così sull'orlo di un nuovo potenziale default tecnico da 24 miliardi di dollari sul debito emesso nei concambi del 2005 e del 2010.

La decisione del giudice distrettuale di Manhattan, Thomas Griesa, è l'ennesimo capitolo di una saga giudiziaria che si trascina da una decina di anni. E non sarà l'ultimo. In seguito al default da quasi 95 miliardi di dollari, l'Argentina offrì ai possessori di obbligazioni divenute insolventi nuovi bond con uno sconto del 70%. Circa il 92% dei risparmiatori accettarono, anche perché a corto di alternative. Chi non si è rassegnato ha fatto causa al Governo di Buenos Aires.

Il 26 ottobre una corte d'appello statunitense aveva confermato una precedente sentenza di Griesa (82 anni), che imponeva all'Argentina di trattare i detentori di bond insolventi allo stesso modo di quelli che avevano accettato la ristrutturazione e di rimborsare circa 1,3 miliardi di dollari a Nml Capital, il ricorrente che avanza le pretese più consistenti. Il Governo di Buenos Aires aveva immediatamento chiesto di sospendere la decisione in attesa di una nuova pronuncia da parte della corte d'appello. Ma Griesa ha rigettato l'istanza, scrivendo nella sua ordinanza che «meno tempo avrà l'Argentina per sottrarsi ai suoi doveri, meno probabilità ci saranno che lo faccia». Il giudice ha anche citato alcune dichiarazioni del presidente Cristina Kirchner, che aveva assicurato che «non avrebbe pagato un dollaro ai fondi avvoltoi», come chiama i detentori dei bond insolventi. Di fronte a «minacce» di questo genere, sostiene Griesa, era necessario prendere contromisure immediate.

Griesa ha anche ordinato all'Argentina di versare i soldi in un deposito di garanzia prima di continuare a rimborsare i risparmitori "ristrutturati". Non solo. Se l'Argentina decidesse di ignorare l'ordinanza, gli intermediari finanziari coinvolti nelle operazioni di pagamento (in primo luogo Bank Mellon di New York) potrebbero essere ritenuti responsabili.

L'Argentina è all'angolo. Quest'anno ha in scadenza 4 miliardi di dollari di rimborsi, compresi 3,4 miliardi in warrant legati alla crescita economica il 15 dicembre.

Il Governo ha già fatto sapere che farà appello contro la decisione di Griesa, arrivando fino alla Corte Suprema se necessario. Nei suoi ricorsi sarà affiancata dai risparmiatori e dagli investitori che hanno aderito alla ristrutturazione e che ora rischiano di perdere i propri soldi. Il caso potrebbe costituire un precedente anche per altre ristrutturazioni, compresa quella greca.

Nel frattempo, i bond argentini sono diventati i più cari al mondo da assicurare, secondo Bloomberg. I credit default swap a un anno sono saliti di 224 punti base fino a un picco di 6.506. I warrant denominati in dollari hanno perso il 14%, quelli in pesos il 7,6%.

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