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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2012 alle ore 08:16.

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Niente guanti di velluto per la Grecia, condannata ad aspettare all'infinito i 44 miliardi di aiuti di cui ha urgente bisogno, nonostante quest'anno sia diventata prima della classe nell'eurozona per i progressi in fatto di aggiustamento, rubando il posto all'Estonia.

Niente allentamento della stretta rigorista nonostante anche Irlanda, Spagna e Portogallo, gli altri paesi costretti a battere cassa in Europa, compaiano ormai nel gruppo di testa della classifica, subito dopo Atene. Con l'Italia che in un anno ha saltato ben 5 scalini in un colpo solo, passando dalla dodicesima alla settima posizione. E con la Francia cinque passi indietro, al 12° posto dopo averne risaliti tre in dodici mesi.
A dirlo nell'Euro Plus Monitor 2012, il rapporto annuale diffuso ieri dal Lisbon Council, sono Holger Schmieding e Christian Schultz, i due economisti tedeschi che ne sono gli autori. Sotto il pungolo della crisi del debito sovrano, «l'Eurozona nel suo insieme sta diventando un'economia più equilibrata e potenzialmente più dinamica. Quasi tutti i paesi bisognosi di aggiustamento stanno con rapidità tagliando i deficit di bilancio e migliorando la competitività esterna, malgrado la recessione ne metta in ombra i progressi».

La pagella decisamente positiva per l'eurosud in quarantena si accompagna a un caveat esplicito ai rigoristi del Nord: per abbattere il debito, si deve tornare a crescere «imparando dalla esperienza della Grecia per evitare che Spagna e Portogallo facciano la stessa fine». Come? «Smettendo di parlare dell'imminente disastro greco e del contagio che ne deriva, chiarendo invece la strategia che si vuole seguire per tenere la Grecia nell'euro». E poi «evitando overdose di austerità in risposta a deterioramenti di bilancio causati dalla recessione ma spostando il baricentro della politica verso le riforme orientate alla crescita. Perché l'austerità è una medicina potente ma da somministrare in giuste dosi: se troppo scarsa può uccidere il paziente, che però può anche morire di overdose». A nessun paese si dovrebbe chiedere un aggiustamento fiscale superiore al 2% del Pil annuo.

Due gli indici che nel rapporto misurano le performance dei 17 dell'euro. Quello degli aggiustamenti guarda alle variazioni nelle posizioni di bilancio, conti esterni, costi unitari del lavoro e alle riforme sul lato dell'offerta. Si evidenzia così nel 2012 la riduzione degli squilibri esterni dell'Eurozona e la rapida convergenza delle pressioni salariali tra costi unitari del lavoro in caduta in Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda e la fine della moderazione in Germania.
L'indicatore sullo stato di salute economica dei paesi ne misura potenziale di crescita, competitività, sostenibilità fiscale e resilienza agli shocks finanziari. Qui eccellono ovviamente i virtuosi del Nord Europa con Irlanda all'11° posto, seguita da Spagna, Italia che sale di un gradino e Francia che indietreggia invece di uno. In coda Portogallo e ultima, la Grecia. La "banda dei Quattro" di strada ne deve fare ancora molta ma con il suo comportamento costruttivo, che ha dimostrato infondati i timori di "moral hazard", ha reso possibili seri aggiustamenti strutturali nell'Eurozona. Risultato: «In assenza di altri errori nelle politiche, la crisi dell'euro potrebbe cominciare a dissolversi nel 2013».

Tra le grandi economie, quella francese «desta serie preoccupazioni per mancanza di grandi passi avanti nel processo di aggiustamento». Quella italiana vede invece «un miglioramento degli equilibri esterni e un aumento del surplus primario, anche se continua a soffrire di troppa spesa pubblica nel Pil e di troppa regolamentazione del mercato».
Con il governo Monti il paese è uscito dal peggio della crisi ma «le riforme strutturali sono state modeste rispetto alle sfide» nel paese che ha il più basso tasso di crescita tendenziale dell'Eurozona, una delle economie più ingessate dell'Unione, costi del lavoro che non hanno registrato grandi correzioni, scarsa partecipazione al mercato del lavoro. In breve molto si è fatto ma molto resta da fare per restituire competitività e attrattività al sistema-Italia.