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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2012 alle ore 12:11.

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Il batticuore per quest'addio ce l'hanno i fan e gli addetti ai lavori. Lui, Francesco Guccini, ha già tanta voglia di vivere una vita da pensionato, dopo il lancio dell'ultimo album. Una vita da pensionato-lettore. «Cosa faccio adesso? Leggo. Mi alzo la mattina verso le dieci, dieci e mezza, e leggo. Poi pranzo e guardo i telegiornali e leggo. Ceno e poi leggo». Ed è quello che ha intenzione di continuare a fare terminati i pochi, pochissimi impegni promozionali per L'ultima Thule, l'album che conclude la sua carriera musicale, il sedicesimo da studio. «Mi piaceva quest'espressione, quest'idea di un ultimo punto d'approdo verso un misterioso Nord. Mi piaceva l'immagine che ho scelto per la copertina, il veliero tra i ghiacci: non mi trovate il perfetto tipo fisico dell'ariano?».

Racconta il suo futuro con calma e tanta ironia, Guccini, incontrando la stampa in uno di quei posti che ci si dimentica che esistano ancora, ma esistono: un circolo reduci e combattenti, tra partite a carte, bicchieri di spuma e bianchino e luci da balera. Appese alle pareti, le lavagnette con gli avvisi scritti col gesso: tutti i sabati alle venti e trenta si mangia e si balla. E tra qualche giorno il pranzo di Natale: alle tredici si pranza, alle quindici si balla. Come a dire: ricordatevi che qui c'è la vita vera.

Quella di Guccini: «non suono più la chitarra, non sono quasi più capace, ascolto i cd solo se mi costringe mia moglie che li mette in auto: ma io poi la faccio spegnere» racconta senza scomporsi. Un tempo, ricorda, sosteneva che non sarebbe certo salito sul palco a sessant'anni, che sarebbe stato ridicolo, altro che ritirarsi a settantadue. «Nessuno si suiciderà per il mio addio alle scene» dice con un sorriso. Neanche i ragazzi che hanno affollato la sua ultima presentazione, qualche giorno fa, in libreria: «piaccio perché sono bello e perché sono biondo, ma soprattutto perché sono bello» dice mettendo su un'aria serissima «anzi, piaccio perché questi giovani sono vittime di una perversa mania dei familiari e tutto sommato c'è anche una componente di fighettismo, perché Guccini è diverso».

Insomma, gioca e si diverte, raccontando che l'unica preoccupazione è la strada per tornare a casa da Milano, con il traffico, il buio e la Porrettana allagata. Per il resto, si accettano i tempi che cambiano. Anche il fatto che la discografia stia morendo. «Il mio è un mestiere destinato a esaurirsi: presto esisteranno solo i cantautori di condominio che scrivono le canzoni per il caseggiato. Mi hanno detto che con le prenotazioni, che chissà perché si ostinano a chiamare "preorder", ero primo nelle classifiche di scaricamento: ho domandato con quante copie e mi hanno risposto "centocinquanta". Ho chiesto di non dirmi più niente».

Non scriverà più canzoni, insomma. Neanche per altri («ci sono signori che le fanno meglio di me, più orecchiabili, più adatte al pubblico, a parte pochi amici le mie canzoni non le ha mai volute nessuno»). Non farà concerti d'addio perché «meglio finire in silenzio, tranquilli, che fare il "ciocco"». Oltre a leggere, si dedicherà alla scrittura e a buttar giù un nuovo giallo insieme a Loriano Macchiavelli. Aspettando l'estate, perché in campagna si fanno tante cose. E nella vita vera, assicura Guccini, con la bella stagione è tutta un'altra cosa.

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