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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2012 alle ore 16:56.

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I chimici la chiamano Mdma, dal nome dei principi attivi ma i trafficanti e i tossicodipendenti la conoscono come ectasy, che nelle discoteche e nei locali notturni è ormai sballo quotidiano. Anche lo spaccio di questo stupefacente è ormai in mano ai cartelli internazionali di cui la ‘ndrangheta calabrese fa parte a pieno titolo. Nel 2005 una insospettabile società calabrese di piastrelle controllata dalla cosca reggina Condello, era pronta a immettere sul mercato 7,5 milioni di pasticche , sequestrate nell'aprile 2005 a Melbourne, in Australia. Milioni di dollari bruciati.

C'è anche questo nel ricchissimo Rapporto Narcotraffico 2012, frutto della collaborazione della Fondazione Icsa con la Direzione centrale per i servizi antidroga del Ministero dell'Interno e con l'Arma dei Carabinieri, che viene presentato oggi alla Camera.

La ricerca scava sulle principali dinamiche del traffico internazionale di sostanze stupefacenti, sulle organizzazioni criminali italiane e sull'evoluzione degli interessi e delle strategie dei narcotrafficanti.

Dal Rapporto emerge chiaramente che la ‘ndrangheta calabrese ha soppiantato, a partire dagli anni Novanta, Cosa nostra come interlocutrice privilegiata dei narcotrafficanti mondiali.

Già nel 1994, con il più rilevante sequestro di cocaina mai effettuato in Italia (5.400 kg) l'Arma dei Carabinieri si rese conto che, al di là dell'eccezionale risultato, l'aspetto maggiormente significativo era costituito dall'accertata compartecipazione a questa, e ad altre analoghe operazioni, delle più blasonate famiglie della ‘Ndrangheta reggina, riunite in cartelli speculari a quelli delle organizzazioni fornitrici. Le indagini infatti accertarono l'esistenza di un vero e proprio consorzio, attivo sin dal 1989 e formato dalle famiglie della ‘ndrangheta, che avevano approvvigionato dalla nota famiglia siciliana Caruana–Cuntrera almeno 11 tonnellate, di cui 3 sequestrate nel luglio del 1993 a Rio Grande (Brasile) dalla polizia brasiliana.

Per rimanere alle investigazioni più recenti che possono indicare una rotta ancora più precisa, basti ricordare un'operazione dell'Arma dei Carabinieri, che lo scorso anno ha documentato i rapporti che le cosche jonico-reggine hanno saputo allacciare anche con i referenti dei più importanti cartelli messicani, tra cui il gruppo paramilitare dei Los Zetas, braccio armato del Cartello del Golfo.

Proprio il cartello al quale, fin dal momento del suo insediamento come capo dell'unità di investigazione della Commissione internazionale contro l'impunità in Guatemala delle Nazioni unite, ha cominciato a guardare il pm Antonio Ingroia (il Guatemala è diventato infatti un centro nevralgico per lo stoccaggio e il traffico delle droghe). E sono i cartelli messicani ad avere in mano il traffico della cocaina verso gli Stati Uniti. Nel progetto di estensione degli affari anche all'Europa (che dopo quello statunitense è il secondo mercato a livello mondiale) i Los Zetas si erano rivolti proprio alla ‘ndrangheta per avviare il nuovo commercio criminale. Anche le analisi delle più recenti indagini nel settore del traffico di sostanze stupefacenti confermano dunque la preminenza delle organizzazioni calabresi, ed in particolar modo di quelle del versante jonico-reggino, che continuano a disporre di referenti e rapporti consolidati, sia nei Paesi produttori, sia in quelli di transito dei narcotici. "Il narcotraffico – si legge del resto nel Rapporto - rappresenta la manifestazione più tipica della globalizzazione della criminalità organizzata, i cui gruppi delinquenziali si caratterizzano ormai per la loro transnazionalità. Ne derivano rapporti di cooperazione ed alleanze sempre più strette, anche al di fuori dei confini nazionali, per gestire gli affari illeciti nel modo più efficace, remunerativo e sicuro, come una vera e propria impresa commerciale".

Come ricorda sempre uno dei magistrati italiani più esposti sul fronte della lotta al narcotraffico, il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, il contrasto del narcotraffico internazionale rappresenta anche una straordinaria opportunità per il contrasto delle principali organizzazioni mafiose italiane, a partire proprio dalla ‘ndrangheta.

Le rotte
Le organizzazioni criminali diversificani e rinnovano coninuamente il modus operandi e, conseguentemente, si modificano le rotte navali, terrestri ed aeree da far seguire ai carichi di droga.

Le rotte, spiega il Rapporto, che ad un primo superficiale esame appaiono a volte antieconomiche, in quanto complesse e tortuose, vengono scelte perché presentano minori rischi di sequestro.

I fattori che determinano la selezione delle rotte sono molteplici: connivenze con autorità locali e corruttibilità delle stesse; possibilità di basi logistiche sicure; facilità di approdo; presenza di nuove aree di produzione oltre a quelle tradizionali; disponibilità di vettori; incremento della domanda in genere e fenomeno del "policonsumo" cui corrisponde il "politraffico".

In termini generali i modelli globali evidenziano le maggiori concentrazioni del commercio illecito di cocaina nel continente americano e in Europa, di derivati della cannabis nelle Americhe, in Africa, nel Sud-ovest Asiatico ed in Europa, di oppiacei in Asia e in Europa, di stimolanti di tipo amfetaminico nel Sud-est Asiatico, in Europa, nel Nord America ed in Australia.

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