Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2012 alle ore 06:37.

My24


TORINO
Sono l'automotive, gli elettrodomestici e l'alimentare, in particolare il comparto delle conserve, i settori a maggior rischio per il blocco delle lavorazioni a Taranto e, a cascata, nei poli produttivi di Genova e di Novi Ligure. Dallo stabilimento di Cornigliano, in particolare, escono gli "stagnati" destinati alla produzione di contenitori per le conserve, un comparto che conta 200 imprese in Italia e un fatturato che supera i tre miliardi. Così come a Novi vengono prodotte le lamiere destinate al settore automotive – un comparto da quasi 42 miliardi, di cui 19 in Piemonte, e 2.500 imprese – mentre le lavorazioni del polo di Racconigi sono destinate al metalmeccanico in generale.
«Stiamo verificando con le nostre imprese le situazioni più problematiche – spiega Marzio Raveggi, ad della multinazionale Johnson Controls e vice presidente del Gruppo Componentisti dell'Anfia – ma ci auguriamo che la situazione si sblocchi al più presto per evitare ulteriori ripercussioni». Una preoccupazione che caratterizza anche le 800 aziende della meccanica e della maccatronica aderenti all'Amma: «Il problema si presenterà sul ciclo delle forniture e posso dire – spiega Alberto Dal Poz, da due mesi presidente dell'associazione – che ci sono già aziende tedesche pronte ad approfittare di questa situazione. È incredibile che in un momento di crisi l'unica soluzione individuata per Taranto sia stata il blocco dello stabilimento, a testimonianza del fatto che il sistema paese non è in grado di tutelare i suoi campioni nazionali». Le possibili difficoltà nelle forniture, aggiunge Dal Poz, «si sommano ai tempi già oggi dilatati per le dinamiche innescate dalla crisi in corso». Dalla meccanica all'alimentare, il tema non cambia. «Siamo preoccupati perché il rischio, ancora una volta – spiega Annibale Pancrazio, vice presidente di Federalimentare e a capo dell'Anicav, associazione dei produttori di conserve a cui fanno capo 140 imprese, per 800 milioni di fatturato e 8mila addetti, accanto a 20mila stagionali – è che l'Italia perda dei pezzi importanti. Siamo un paese di imprese trasformatrici e se viene a mancare l'acciaio questo si ripercuoterà sulla competitività. Per le conserve alimentari, in particolare, il 50% del prezzo è dato proprio dal contenitore in acciaio, un materiale nobile e totalmente riciclabile. Per tradizione, poi, le bande stagnate migliori sono sempre arrivate dall'Italia, dunque sul piatto c'è anche il tema della qualità».
L'allarme lanciato dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi nei giorni scorsi sui rischi per l'intera industria pesante dal blocco dell'Ilva, e la denuncia del presidente di Federacciai, Gozzi, sui potenziali aumenti della materia prima restano in primo piano. Ieri a sollevare il problema anche Cna, che parla di effetto domino questa volta sulle imprese manifatturiere che non possono più commercializzare il materiale prodotto dall'Ilva le scorse settimane e posto sotto sequestro. «Un numero elevatissimo di piccole imprese manifatturiere – sottolinea la Confederazione nazionale dell'artigianato – dipende dall'Ilva anche per l'approvvigionamento delle materie prime. Nelle prossime settimane la situazione rischia di diventare davvero drammatica».
Il tema, dunque, resta centrale per le imprese non soltanto del metalmeccanico. E sebbene l'acciaio e la siderurgia si siano negli anni profondamente ridimensionati, il comparto ha rappresentato un valore aggiunto per le aziende e per la filiera del Made in Italy. E non mancano i casi di aziende, ad esempio nel settore delle macchine agricole, dipendenti dall'Ilva al 100% per le forniture: è il caso della cuneese Cosmo, 8 milioni di fatturato (quasi per intero realizzato all'estero) e una quarantina di addetti, il principale produttore al mondo di macchine spargiconcimi: «Fino a sei mesi fa – racconta Duilio Paolino, titolare dell'azienda di Busca – Ilva è stata nostra fornitrice al 100% di un tipo di lamiere di qualità necessarie alle nostre lavorazioni, vista la situazione ho avviato una nuova fornitura sul mercato indiano. Il rischio è proprio questo, di essere costretti ad affidarci a produttori esteri, dalla Svezia, alla Germania, all'India, con un forte rischio sui prezzi, tra il 7 e il 10%, della materia prima e ricadute a cascata sulla competitività delle imprese italiane, già vessate da fisco, interessi bancari. Una deriva grave per un paese come il nostr che ha un'industria metalmeccanica all'avanguardia».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L'IMPATTO
50%
Peso sul prezzo delle conserve
Secondo la stima di Federalimentare e alla guida dei conservieri, l'acciaio incide per il 50% del prezzo delle conserve alimentari
+10%
I rincari previsti
Le aziende meccaniche stimano un impatto pesante se dovranno ricorrere a produttori svedesi o tedeschi
42 miliardi
Giro d'affari dell'indotto auto
L'automotive, la meccanica in generale e l'industria conserviera sono tra i principali clienti Ilva

Shopping24

Dai nostri archivi