Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2012 alle ore 18:25.

My24
(Ansa)(Ansa)

Alle ore 17,30 avevano già votato 2,3 milioni di persone, 150mila in meno rispetto a domenica scorsa. Stando ai dati diffusi dal presidente del collegio dei garanti Luigi Berlinguer non sembrerebbe esserci stato quel calo dell'affluenza tra il primo turno e il ballottaggio delle primarie del centrosinistra che molti temevano.

Le ultime non piacevoli polemiche sulle regole – con minacce di ricorsi e evocazione di possibili brogli da una parte e la decisione di chiudere di fatto alle nuove richieste di registrazione dell'altro (su oltre 120mila ne sono state accolte poco più di 7mila) – non sembrano aver scoraggiato la voglia di andare a votare per scegliere chi tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi dovrà essere il candidato premier del centrosinistra alle prossime e vicine elezioni politiche. Anzi, lo scontro sulle regole sembrerebbe aver motivato ancora di più i due opposti schieramenti.

Le operazioni di voto si stanno ad ogni modo svolgendo nel complesso con regolarità, anche se non mancano denunce da parte dei renziani di difficoltà in alcuni seggi perché sembrerebbero essere spariti i registri dei votanti al primo turno. Ma Nicola Danti del comitato Renzi assicura ancora una volta che «non esistono ricorsi, stasera il centro-sinistra avrà il suo candidato premier».

Il "fermate il fuoco" tra bersaniani e renziani, scattato la scorsa notte dopo una serie di contatti via sms tra le due diplomazie, sembra dunque destinato a reggere. Tuttavia, se anche la portavoce del comitato Bersani Alessandra Moretti arriva a dire che le regole potevano essere più semplici, di certo la vicenda poteva e doveva essere gestita meglio da entrambe le parti. O si sceglieva la strada del ballottaggio chiuso, limitando la platea degli aventi diritto agli iscritti entro il 25 novembre, o si sceglieva la strada del ballottaggio aperto, con la possibilità di registrarsi all'albo anche al momento del voto al secondo turno così come è stato possibile fare il 25 novembre.

La finestra di due soli due giorni (29 e 30 novembre) per potersi registrare in ritardo e la clausola dei «motivi indipendenti dalla propria volontà» hanno portato allo spettacolo non edificante delle migliaia di richieste respinte e delle variopinte "giustificazioni" addotte per poter essere ammessi al ballottaggio con tanto di facile ironia sui social network. Da parte renziana avrebbe giovato un atteggiamento meno ambiguo: i sostenitori di Renzi e lo stesso Renzi hanno oscillato troppo tra dichiarazioni di accettazione delle regole stabilite da tutti i candidati e continui tentativi di rilancio per modificare quelle stesse regole. Fino a quell'appello di venerdì a presentarsi comunque ai seggi anche in caso di richiesta respinta che ha mandato su tutte le furie Bersani rischiando di far precipitare una bella pagina di democrazia in rissa delegittimante.

Il giorno del ballottaggio infine è venuto e il risultato sarà riconosciuto da tutti, anche se di certo le polemiche su singoli casi e realtà non mancheranno. In queste ore di attesa prima della proclamazione del vincitore – che entrambe le parti sanno che sarà Bersani, salvo miracoli sempre possibili in democrazia – si ragiona sul dopo.

Tutti sanno che la geografia e la nomenclatura del Pd usciranno profondamente modificati da queste primarie. Un Renzi attorno al 40% (se non più) non potrà essere ignorato, né lo sarà: nelle ultime ore sono numerosi gli appelli e le dichiarazioni da parte del segretario e dei suoi nella direzione dell'unità e del lavoro da fare tutti insieme in vista delle elezioni politiche.

Il punto è che tra i bersaniani c'è ancora il timore che il sindaco di Firenze possa usare la forza ottenuta in queste settimane per fondare un suo movimento politico, anche se Bersani è convinto che non sarà così. Lo stesso Renzi sembra più che orientato a continuare la sua battaglia per la modernizzazione all'interno del Pd, ma non vanno sottovalutati quegli accenni a sondaggi che darebbero un suo partito tra il 12 e il 25% e quei moniti ai vincitori in pectore a non lasciarsi andare a «ritorsioni» o «epurazioni» a livello locale. «Vi garantisco che a nessuno di voi sarà torto un capello», aveva detto Renzi ai più di mille rappresentanti dei comitati – quasi tutti provenienti dal Pd – durante un incontro alla kermesse della Leopolda. Ecco, ora il compito più difficile per Bersani, se alla fine uscirà vincitore come da pronostici, sarà proprio quello di trasformare il capitale umano e di idee nato intorno a Renzi in una risorsa per il Pd.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi