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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2012 alle ore 22:52.

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«Sono assediato dalle richieste dei miei perché annunci al più presto la mia ridiscesa in campo. La situazione oggi è ben più grave di un anno fa quando lasciai il governo e oggi l'Italia è sull'orlo del baratro». «Non lo posso consentire e ciò determinerà le scelte che prenderemo assieme nei prossimi giorni». Lo dichiara Silvio Berlusconi in una nota nella tarda serata di mercoledì, dopo il vertice del Pdl in via del Plebiscito.

«L'economia - aggiunge - è allo stremo, un milione di disoccupati in più, il debito che aumenta, il potere d'acquisto che crolla, la pressione fiscale a livelli insopportabili. Le famiglie italiane angosciate perché non riescono a pagare l'Imu. Le imprese che chiudono, l'edilizia crollata, il mercato dell'auto distrutto. Non posso consentire che il mio Paese precipiti in una spirale recessiva senza fine. Non è più possibile andare avanti così».

E ancora: «Leggo su un'agenzia una frase a me attribuita del tutto inventata e addirittura surreale: Io non mi candido perché non mi volete, frase che avrei oggi rivolto ai miei colleghi del Popolo della Libertà. La realtà è l'opposto: sono assediato dalle richieste dei miei perché annunci al più presto la mia ridiscesa in campo alla guida del PdL», precisa poi nella nota l'ex premier.

Le dichiarazioni di Berlusconi sono arrivate dopo un vertice a dir poco interlocutorio. Tre ore di incontro e due ore per diramare un comunicato senza una parola definitiva sulle primarie (ancora formalmente convocate per il 16 dicembre) né sulla minaccia di far cadere il Governo se non dovesse concedere l'election day, brandita appena quattro giorni fa dal segretario.

Quanto alla legge elettorale, che giace in Senato in attesa anche che il Pdl prenda una posizione definitiva, il massimomesso nero su bianco è la scelta di una «linea costruttiva» che mira a una riforma basata su «meccanismi equilibrati».

Men che meno, poi, nel comunicato post vertice si rispondeva all'annosa questione: Silvio Berlusconi ha deciso di candidarsi per la sesta volta a premier? Pare che la risposta l'abbia data lui stesso a dispetto dell'opinione di una buona parte dei maggiorenti del partito.

I nodi, dunque, rimangono quasi tutti da sciogliere, tanto che la riunione tra il Cavaliere e lo stato maggiore del partito è stata aggiornata a domani alle 13.30. Quando, tra l'altro, si spera che il Consiglio dei ministri abbia già lanciato un segnale a favore dell'election day, magari fissando le consultazioni per Molise e Lombardia all'11 marzo. Altrimenti la minaccia di crisi di governo potrebbe essere rispolverata.

L'incontro, viene riferito, sarebbe stato preceduto da un colloquio più ristretto tra Berlusconi, Angelino Alfano e Gianni Letta. Ossia il mediatore per eccellenza, colui che, grazie alle sue interlocuzioni con Quirinale e palazzo Chigi, riesce spesso a trovare le parole giuste per placare i propositi bellicosi dell'ex premier.

Quel che è certo è che nel momento in cui a palazzo Grazioli sono arrivati anche i coordinatori e i capigruppo del Pdl, i toni del Cavaliere sono stati molto meno tranchant di quelli usati appena dodici ore prima allo stadio di Milano quando, davanti a una pattuglia di fedelissimi pronti ad applaudirlo e incoraggiarlo, ha fatto le prove generali del suo ritorno in campo.

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