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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2012 alle ore 12:54.

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Nella foto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale (Ansa)Nella foto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale (Ansa)

L'annuncio della fine anticipata e traumatica del governo Monti e soprattutto il ritorno sulla scena di Silvio Berlusconi ha colto di sorpresa le alte sfere delle gerarchia ecclesiastica. Certamente lo stupore ha prevalso più dentro la Curia vaticana che non nella Cei, dove i sensori avevano già captato che qualcosa a destra stava accadendo.

Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale, da tempo aveva imboccato una linea che viaggiava su un doppio binario: appoggiare Monti ("governo di buona volontà" ha detto più volte nei suoi endorsment) e favorire la nascita di un "nuovo Pdl", affrancato dal Cavaliere e dai suoi più stretti sostenitori. Dare vita cioè ad un movimento moderato (davvero) che si riconoscesse nel Ppe e riuscisse a contrastare o quantomeno equilibrare la vittoria del centro-sinistra, spostato verso sinistra.

Questo disegno – naufragato per assenza di leadership di Alfano, è il commento che si raccoglie con più frequenza Oltretevere - era visto bene anche in Curia guidata dal cardinale Tarcisio Bertone, dove tuttavia si è più realisti, e non dovendo gestire il "territorio" (parrocchie e associazioni) si bada più alla sostanza politica immediata.

In ogni caso tutti erano e sono per un nuovo Monti, e non un semplice ‘bis'. Dopo l'aggregazione delle associazioni cattoliche – Cisl in testa, ma anche Acli - in un centro assieme a Luca Montezemolo e al ministro Andrea Riccardi – stakeholder della Comunità di Sant'Egidio, strategica nella capitale ma anche nelle relazioni internazionali – il quadro moderato è in movimento, ma con spinte centrifughe (specie verso il centro-sinistra) che al momento non sono rassicuranti per le gerarchie, soprattutto dopo il naufragio della riforma elettorale. Il ritorno sulla scena di Berlusconi è visto malissimo, perché riaccende quell'estremismo religioso – denunciato con coraggio dall'ex ministro Sandro Bondi – che ha caratterizzato l'azione politica degli ultimi anni, dal Family Day al caso di Eluana Englaro, e ha danneggiato la Chiesa più che portare vantaggi.

In sostanza i vescovi e la Curia hanno per anni dato il loro chiaro appoggio al Cavaliere, senza tuttavia alla fine ottenere granchè. Infatti la legge sul fine vita o sul testamento biologico, nonostante le mille dichiarazioni, non è mai stata approvata, quella sulla procreazione assistita viene progressivamente smontata dalle sentenze, e in più nulla è stato risolto sul fronte fiscale. Al contrario è stato proprio Monti nei mesi scorsi a bloccare in extremis la procedura di sanzione Ue – prezioso è stato il lavoro del ministro Enzo Moavero Milanesi - varando la nuova normativa sui beni degli enti no-profit (che ora viene nuovamente contestata dalle congregazioni religiose, specie sul fronte delle scuole, protesta che tuttavia non viene rilanciata dalla Cei). Ma al di là delle questioni economiche, Monti ha ridato normalità e ordine alla vita pubblica, e questo è stato apprezzato molto, a partire dal Papa, che in un anno ha ricevuto o incontrato il premier molto più che i suoi predecessori.

Insomma, a meno di tre mesi dal voto i vertici della Chiesa guardano con malcelato sospetto verso il centro-sinistra (specie per la presenza di Vendola nella compagine) e con grande preoccupazione a destra, dove specie al Nord è ancora alta l'influenza di Cl nonostante le difficoltà di Roberto Formigoni. C'è chi invita a guardare le mosse del cardinale Camillo Ruini, a cui spesso spesso Berlusconi - su consiglio di Gianni Letta - si è rivolto nei momenti difficili. Ma di certo c'è che implicito - o forse già esplicito, visto i continui contatti a quattr'occhi con Bagnasco - è l'invito al Professore a mettersi in gioco in prima persona, facendo da catalizzatore del voto di centro, che forse di cattolico-confessionale ormai ha davvero ben poco.

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