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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2012 alle ore 08:13.

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ROMA
L'imposta sugli immobili diventa municipale di nome e di fatto. A prevederlo è un emendamento alla legge di stabilità depositato ieri in commissione Bilancio della Camera dai relatori Paolo Tancredi (Pdl) e Giovanni Legnini (Pd). La proposta di modifica assegna ai sindaci, a partire dal 2013, l'intero gettito dell'Imu sulle abitazioni. Lasciando allo Stato gli introiti sui capannoni e gli opifici. E sempre alla voce enti locali vanno registrati i correttivi alla nuova tassa sui rifiuti (la Tares) e l'intenzione – ancora non formalizzata però – di sospendere fino al 2014 la stretta sulle funzioni fondamentali delle Province.
Le novità più ghiotte e al tempo stesso più delicate riguardano l'Imu. tant'è che la partita potebbe subire modifiche fino a lunedì. Come annunciato nei giorni scorsi, dall'anno prossimo tutti i proventi del tributo immobiliare finiranno nei forzieri comunali. E ciò per effetto della cancellazione della riserva statale del 50%, introdotta dal decreto salva-Italia di un anno fa sul gettito degli immobili diversi dall'abitazione principale. Una "torta" che la relazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato quantifica in 8,3 miliardi per il 2013 e il 2014 e che ora spetterà interamente ai municipi.
L'erario compenserà questa perdita in due modi. In primis otterrà dai Comuni il gettito dell'imposta dello 0,76% (che i sindaci potranno elevare fino all'1,06%) sugli «immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D». Cioè capannoni e opifici. Questo trasferimento reca in sé un vantaggio e uno svantaggio per le aziende proprietarie. Il pro è che l'aliquota base sarà identica lungo l'intera penisola; il contro è che i sindaci potranno solo alzare dello 0,3% il prelievo mentre oggi possono anche ridurlo. Da questa operazione lo Stato si vedrà rientrare dalla finestra 4,4 miliardi. A cui andranno aggiunti i 4,7 miliardi che arriveranno dall'azzeramento del fondo sperimentale di riequilibrio del federalismo e dei trasferimenti erariali fiscalizzati per Sicilia e Sardegna (che nel 2014 scenderanno a 4,1).
Così facendo l'intera operazione Imu sarà a saldo zero per le casse erariali. Anzi dal "dare e avere" appena illustrato, nel 2013, lo Stato ci guadagnerà 890,5 milioni che saranno però devoluti al nuovo «fondo di solidarietà comunale». Una devoluzione confermata anche per il 2014, seppur in misura ridotta (318,5 milioni). Queste risorse rappresenteranno la prima fiche per il funzionamento del nuovo fondo di solidarietà insieme ai 4,7 miliardi tagliati che, di fatto, resteranno nel fondo di solidarietà finché non arriveranno gli introiti dell'Imu. Dopodiché si avvierà la partita di giro tra Stato e Comuni. Ed è per lo stesso motivo che viene disposto lo slittamento al 30 giugno 2013 del termine per la chiusura dei bilanci preventivi nei municipi.
Il contenitore per la «solidarietà comunale» raccoglierà inoltre l'eredità del vecchio fondo di riequilibrio come "camera di compensazione" tra città ricche e povere; sia il suo funzionamento che il suo ammontare saranno disciplinati da un Dpcm che andrà emanato entro il 30 aprile 2013. In base all'emendamento Tancredi-Legnini il riparto dovrà tenere conto dei fabbisogni standard, della dimensione demografica e territoriale e del gettito effettivo dell'imposta sul territorio.
La stessa proposta di modifica si sofferma poi sulla Tares. Correggendo alcune delle previsioni contenute nel salva-Italia per il tributo sui rifiuti che da gennaio prenderà il posto della Tares. Rinviando ad altro articolo in pagina per i dettagli, in questa sede ci si può limitare a segnalare, da un lato, la precisazione che, fino alla riforma del catasto, si continuerà a usare la base imponibile di Tarsu e Tia e, dall'altro, lo slittamento di un anno della riscossione diretta della Tares da parte del Comune.
Restando in zona enti locali bisognerà attendere tra oggi e lunedì per lo scioglimento di un paio di nodi. A cominciare dall'allentamento del patto di stabilità invocato dagli amministratori locali, ad esempio per gli interventi sul dissesto idrogeologico. Dovrebbe arrivare a conclusione anche la soap opera sulle Province. L'intenzione è quella di "congelare" lo stato di cose presenti in attesa del riordino.
La questione è nota: dopo che la "strana maggioranza" ha deciso di non convertire il decreto 188 in scadenza il 5 gennaio è sorta l'esigenza di coordinare l'articolo 23 del salva-Italia (che azzera dal 1° gennaio 2013 le funzioni degli enti di area vasta) con il 17 della spending (che invece restituisce loro, ma solo a riordino avvenuto, i compiti in materia di trasporti, ambiente e scuola). Ora un emendamento dei relatori, dato per imminente, dovrebbe fermare le macchine per un anno. E, al contempo, evitare lo scioglimento dal 1° gennaio delle Giunte previsto dal Dl 188.
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