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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2012 alle ore 20:21.

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La Camera ha approvato definitivamente il disegno di legge che cerca di mettere ordine nella tormentata storia della professione di restauratore. Una querelle che è aperta da anni, dopo che i tentativi predisposti dal ministero dei Beni culturali a partire da settembre 2009 per regolamentare la fase di transizione verso il nuovo profilo professionale – a cui dalla primavera 2009 si accede frequentando un corso articolato in 300 crediti formativi – erano andati falliti.

La fase di transizione
Si trattava, infatti, di riconoscere il titolo a quanti già esercitavano la professione e per far questo il ministero aveva predisposto una serie di criteri che andavano dall'attribuzione automatica della patente professionale a chi, per esempio, aveva frequentato l'Istituto per il restauro o poteva dimostrare di aver svolto l'attività di restauratore per almeno otto anni, a una prova d'idoneità per i diplomati in restauro presso le accademie di belle arti o per chi aveva effettuato lavori di restauro per quattro anni. Il meccanismo, però, si era inceppato sul tipo di documentazione da presentare per certificare l'attività svolta, perché i criteri stabiliti dal ministero non erano stati ritenuti soddisfacenti e la protesta delle associazioni di categoria aveva dato origine a un contenzioso.

Cambio di strategia
I Beni culturali avevano, pertanto, preferito congelare il tutto e passare la palla al Parlamento, che ieri, nel rush finale del termine di legislatura, ha dato il via libera definitivo al Ddl, dopo che il Senato lo aveva licenziato a fine novembre. Anche i i nuovi criteri, che per essere tradotti in pratica avranno però bisogno di ulteriori atti ministeriali (alcuni dei quali da approntare con una tempistica talmente stretta – entro fine anno – da risultare praticamente irrealizzabili), prevedono diverse strade per acquisire la qualifica di restauratore da parte di chi poteva già vantare un titolo o un'attività nel momento in cui si decise che l'accesso alla professione passava unicamente per la frequenza di un corso di studi.

I nuovi criteri
Potranno aspirare alla qualifica coloro che raggiungono un punteggio di 300. Per esempio, il diploma conseguito presso una scuola di restauro statale (come l'Istituto per il restauro) vale – secondo una griglia messa a punto nella nuova legge – tutti i 300 punti. L'attestato di qualifica professionale rilasciato da una scuola di restauro regionale di punti ne vale 75 per ciascun anno di durato di corso. Pertanto, chi si trova in quest'ultima situazione, dovrà integrare il punteggio facendo, magari, valere l'attività professionale, che vale 37,50 punti per anno.La valutazione dei titoli scolastici e professionali avverrà nel corso di una selezione pubblica da indire entro la fine di quest'anno e che andrà avanti fino a giugno 2015.

L'elenco per settori
Una volta conseguito il titolo, l'interessato potrà iscriversi in un elenco tenuto dal ministero dei Beni culturali. L'elenco sarà suddiviso per settori di competenza (per esempio: restauratore in materiali lapidei, in manufatti su legna, in materiali di ceramica, ecc.). Si può essere iscritti in più settori.

Ulteriori opportunità
La nuova legge prevede anche, previo superamento di un esame di idoneità con valore di esame di Stato abilitante, l'accesso alla qualifica di restauratore per chi può oggi vantare il titolo di collaboratore restauratore o per chi ha conseguito determinati titoli (per esempio, laurea o diploma accademico di primo livello in restauro rilasciato dalle Accademie di belle arti). Non solo, la legge dà anche la possibilità – sempre attraverso una procedura di selezione per titoli e attestati professionali, selezione da indire entro fine dicembre – di acquisire il titolo di collaboratore restauratore.

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