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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2012 alle ore 08:28.

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NEW YORK - Una città in lutto, una Nazione in lutto: da ieri a Newtown, in una giornata grigia e umida, è cominciato il triste corteo dei funerali dei bambini uccisi a Sandy Hook in una delle più gravi stragi commesse da un individuo nella storia americana. Ieri l'addio, straziante, è stato per due compagni di prima elementare, Jack Pinto, 6 anni, tifoso dei Giants, e Noah Penzer, occhi azzurri, grande cuore, pieno di energia, anche lui di sei anni. Al funerale c'era anche la sorellina gemella. Lei si è salvata perché era in un'altra classe. Jack è stato sepolto con una maglietta del receiver Victor Cruz, il suo idolo. L'atleta, commosso, quando ha saputo di questa sua passione, ha subito mandato alla famiglia di Jack la sua maglietta firmata.

Il Paese è ancora sotto shock. Non c'è il movente. Ma si sa che Adam Lanza ha preparato con cura il suo piano. La polizia di Newtown ha confermato che non c'era alcun collegamento diretto fra l'assassino e la scuola. Ha rivelato che un computer trovato nella bellissima casa della madre di Adam, una casa coloniale con un immenso prato all'ingresso e boschi nel retro, era stato distrutto. Che custodisse un segreto? È questa mancanza di una spiegazione, di una ragione che possa dare un contesto logico che tiene l'America in uno stato di angoscia. Non si capisce perché. E dunque non si capisce che cosa si può fare per evitare che il prossimo squilibrato possa compiere un gesto simile. Perché tutti sanno che il controllo delle vendite di armi non basterà. Per questo si sono mobilitati psicologi e sociologi per dare la risposta che oggi manca. Randall Collins ad esempio, un grande sociologo alla Penn University, ha cercato di esplorare in un lungo saggio la micro sociologia della violenza che porta alla preparazione di una strage. Ha trovato dei punti comuni, preparazione meticolosa. Motivazione legata spesso all'umiliazione, gesto che vuole punire non la vittima specifica, ma l'istituzione, la società.

Che ci siano state umiliazioni nel passato di Adam, ragazzino difficile, facile bersaglio di persecuzioni dei suoi coetanei per le sue stranezze? Possibile. Ieri l'unica notizia appresa è che in una delle scuole ad Adam era stato assegnato uno psicologo, più per proteggerlo dal rischio di mobbing che per le sue complicazioni mentali. Abbiamo anche saputo che la madre voleva cambiare città.

Così, nell'attesa, nel buio, nel dolore per questi saluti estremi a bambini di sei anni tutti partecipano da ogni angolo del Paese, tutti cercano di aiutare come possono, di dare conforto. Da Victor Cruz con la maglietta per Jack al presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Obama era andato domenica notte a Newtwon. Ha incontrato tutti i familiari delle vittime. Li ha visti privatamente uno per uno. Li ha abbracciati. Poi ha parlato alla cittadina e alla nazione. Un discorso commosso sul piano emotivo, fermo su quello politico: ha promesso l'azione, ha promesso di mobilitare da qui alle prossime settimane «tutti i poteri a mia disposizione per evitare che una cosa simile si ripeta». Ha promesso che «si cambierà: non possiamo accettare che queste tragedie diventino routine». Ieri la Casa Bianca non ha dato altri dettagli. Sappiamo che il senatore Dianne Feinstein presenterà a giorni un progetto di legge per impedire la vendita di armi pesanti. Ma sappiamo che altre 900 armi in quel suo progetto saranno disponibili per chiunque sia in regola per comprarle. Sappiamo anche che in America ci sono 190 milioni di armi da fuoco su una popolazione di 310 milioni. E dei 44 milioni di americani che hanno armi di vario genere, ci spiega il professor Collins, il 99,97% non uccide.

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