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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2012 alle ore 06:37.

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ROMA
Chiude dopo quattro giorni e quattro notti di lavoro quasi continuato il cantiere sul patto di stabilità. Con il contributo aggiuntivo di 150 milioni al fondo di solidarietà comunale – introdotto ieri dal nuovo sub-emendamento dei relatori, Paolo Tancredi (Pdl) e Giovanni Legnini (Pd) – lo "sconto" totale per gli enti locali sale a 1,4 miliardi, contro gli 1,25 di lunedì e gli 850 milioni di sabato. Risorse che andranno in gran parte (85,7%) ai sindaci. Ma che non bastano a far rientrare le proteste dell'Anci: non chiuderemo i bilanci, tuona l'associazione dei Comuni. Novità anche sul fronte partecipate con una mini-deroga per i municipi che hanno alienato le partecipazioni senza incassare tutti i proventi.
Con il restyling di ieri in commissione Bilancio, il puzzle dell'allentamento al patto si arricchisce di nuovi tasselli. L'ultimo in ordine di tempo riguarda il neonato fondo di solidarietà comunale che, in coincidenza con il passaggio ai Comuni dell'imposta municipale sulle abitazioni, dal 2013 sostituirà il vecchio fondo sperimentale di riequilibrio. I 150 milioni individuati serviranno a rimpinguare gli 890 milioni iniziali che l'erario girerà ai sindaci come anticipo in vista dello scambio sul tributo immobiliare. Come accaduto spesso negli ultimi mesi (e anche in altri punti di questa legge di stabilità) le risorse arriveranno dal contenitore "bancomat" per i rimborsi dei crediti d'imposta alle imprese e dal fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.
Immutate invece rispetto a lunedì le altre componenti dello sconto agli enti locali. A cominciare dai 250 milioni di abbuono sui tagli 2013 per il comparto comunale. Per effetto dei quali il sacrificio totale chiesto ai sindaci dalla spending, e ratificato dalla stabilità, scende da 2,5 a 2,25 miliardi. Confermati poi i 20 milioni per i municipi con meno di 5.000 abitanti – che si aspettavano però l'esonero dall'applicazione del patto, ndr – e i 180 destinati a chi ha adottato un bilancio in forma sperimentale. Senza dimenticare gli 800 milioni di spazi finanziari che lo Stato riconoscerà alle Regioni nella ripartizione qui accanto. E che, a loro volta, i governatori gireranno a Comuni e Province sul territorio. Così ripartiti: 600 milioni ai primi; 200 alle seconde. Grazie all'allentamento ottenuto i singoli enti potranno poi sbloccare una quota equivalente di pagamenti in conto capitale.
All'ultima curva la stabilità imbarca anche una deroga sulle partecipate. Grazie a un sub-emendamento del democratico Mauro Agostini gli enti locali che hanno alienato delle partecipazioni e che, proprio a causa della mancata riscossione degli incassi attesi dall'operazione, hanno sforato il patto si vedranno rimodulare la sanzione. Che corrisponderà a una riduzione della quota incassata dal vecchio fondo di riequilibrio «in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato e comunque per un importo non superiore al 5% delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo».
Le ultime modifiche non sono servite a placare l'ira dei sindaci. In una nota l'Anci commenta: «La riduzione dei tagli non è sufficiente e questo crea un effetto dirompente sui bilanci dei Comuni che dovranno così tagliare i servizi verso i cittadini». E perciò l'associazione «inviterà i Comuni italiani a non approvare i bilanci di previsione in attesa che il nuovo Governo si faccia carico della grave situazione della finanza locale». Al grido di dolore si associano le Province. Con il presidente dell'Upi, Antonio Saitta, che parla di «interventi minimi che non risolvono nulla».
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