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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2012 alle ore 06:40.

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Svolta sull'aborto nella cattolicissima Irlanda: il Governo ha annunciato ieri che sarà definita una legge, attesa da vent'anni, per regolamentare l'interruzione di gravidanza, seppure nei casi limitati in cui la donna sia in grave pericolo di vita.
La decisione è figlia del pressing della Corte europea dei diritti umani, che insiste perché il Paese - unico insieme a Malta nell'Unione europea dove, di fatto, l'aborto non è mai ammesso - tuteli la salute della madre; ma è soprattutto il prodotto del dibattito interno, che si è fatto infuocato in seguito a un tragico fatto di cronaca: la morte per setticemia, in ottobre, di una trentunenne di origini indiane, Savita Halappanavar, una settimana dopo la richiesta di aborto - respinta - presentata alla clinica universitaria di Galway. La donna era stata ricoverata alla 17esima settimana di gravidanza con forti dolori alla schiena e un principio di aborto spontaneo, ma i medici, stando al racconto fornito dal marito, si rifiutarono di farla abortire finché il feto dava segnali di vita perché - questa la frase riferita - «l'Irlanda è un Paese cattolico».
A Dublino in realtà una sentenza della Corte suprema del 1992 aveva aperto la strada alla legalizzazione dell'aborto in caso di grave rischio per la donna, ma la regolamentazione della materia non è mai stata portata a termine, anche per ragioni politiche vista la sensibilità del tema. In particolare, non sono stati definiti in maniera chiara i casi in cui una donna si possa considerare effettivamente in pericolo di vita, con partiti e gruppi anti-abortisti preoccupati che in questo ambito venga inclusa anche la minaccia di suicidio della donna, con il rischio - questa la loro tesi - di autorizzare un aborto "a richiesta". Il risultato è stato però il vuoto legislativo e regolamentare nel quale medici e operatori sanitari continuano a dover prendere le decisioni.
«Chiariremo attraverso la legge e i regolamenti - ha spiegato il ministro della Sanità, James Reilly - che tipo di intervento terapeutico è ammesso per una donna la cui vita sia minacciata dalla gravidanza. E chiariremo anche cosa è legale per i medici che devono intervenire, tenendo in uguale considerazione il diritto alla vita del nascituro». Parole improntate alla massima cautela, in vista di un iter parlamentare che dovrebbe portare a votare la legge l'anno prossimo, forse entro Pasqua.
Ma il percorso non si annuncia semplice. Il premier conservatore Enda Kenny ha detto di aspettarsi che il Governo voti in maniera compatta sulla materia e ha minacciato espulsioni in caso di defezione, ma almeno 12 deputati del suo partito, il Fine Gael, hanno già manifestato perplessità sulla legge, con particolare riferimento alla minaccia di suicidio. E se è vero che un'eventualità del genere non mette in pericolo la solida maggioranza di Kenny, sarebbe un indubbio contraccolpo politico per la coalizione, che fa i conti anche con le divisioni interne al Partito laburista, partner di Governo, spaccato sul nuovo budget di austerity appena varato (l'Irlanda deve rispettare i target di bilancio imposti dai creditori internazionali, che nel 2010, in piena crisi, le hanno prestato 67,5 miliardi di euro). C'è infine il delicato rapporto con la Chiesa cattolica, storicamente forte nel Paese, sebbene lo scandalo sulla pedofilia ne abbia intaccato negli ultimi anni carisma e ascendente.
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