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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2012 alle ore 15:01.

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Chissà che François Hollande non passi alla storia per essere stato il primo socialista a varare una riforma delle pensioni. Magari prendendo spunto da qualche aspetto particolarmente innovativo, e coraggioso, delle misure italiane. Le quattro leggi (1998, 2003, 2008 e 2010) di modifica del sistema previdenziale francese, forse il più favorevole ai lavoratori che esista al mondo, sono infatti tutte firmate dalla destra. La sinistra, fino a oggi, ha cercato di difendere con le unghie e con i denti - in piazza e nelle aule parlamentari - le sue presunte conquiste sociali.

A partire dall'altamente simbolico diritto a lasciare il lavoro a 60 anni. Che non a caso Hollande ha prontamente, sia pure molto parzialmente, ristabilito.
Va detto che già in campagna elettorale il presidente aveva previsto di dover affrontare il delicato e spinoso argomento. Ma con calma, senza la pressione dell'emergenza. Invece dovrà fare in fretta: gli esperti stimano, in assenza di interventi, un deficit di poco inferiore ai 20 miliardi nel 2018 (quando, secondo Nicolas Sarkozy, il sistema avrebbe dovuto essere in equilibrio). E dovrà sporcarsi le mani: quale che sia la strada che deciderà di prendere (aumento dei contributi previdenziali, parziale deindicizzazione, innalzamento dell'età e dell'anzianità o, più probabilmente, un mix di tutto questo) sarà sanzionato da un'opinione pubblica che ha già largamente voltato le spalle a un presidente accusato di troppe retromarce e troppe incertezze. E di aver imposto troppe tasse piuttosto che intervenire sulla spesa pubblica.


Quella delle pensioni può diventare per Hollande l'occasione per dimostrare di essere un uomo di Stato che ha il coraggio di prendere decisioni impopolari ma necessarie. O l'ennesimo esame mancato. Ma certo è un banco di prova con il quale la classe dirigente francese, come quelle di tutti i Paesi della Vecchia Europa, deve misurarsi.
Com'è successo appunto in Italia con la riforma Monti-Fornero. Grazie all'allungamento dell'età pensionabile (che diventerà ben presto la più elevata in Europa), al passaggio al "tutto contributivo", all'aggancio automatico all'aspettativa di vita, il Governo ha posto le basi per trasformare il Paese da pecora nera a esempio virtuoso cui guardare. Nonostante l'impopolarità delle misure, la difficile situazione economica e il pesante scenario demografico.

Misure che tra l'altro incentivano l'uscita ritardata dal mondo del lavoro, incidendo direttamente sull'età effettiva di pensionamento. Che in Francia è di gran lunga la più bassa d'Europa.
Almeno su questo terreno Roma può insomma diventare un modello anche per Parigi.

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