Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 20 dicembre 2012 alle ore 08:02.

My24

Il nemico principale adesso è quel Mario Monti che fino a pochi giorni orsono era pronto a sostenere quale leader federatore dei moderati. Vuole ridurne il più possibile l'impatto. Convincere l'elettorato che solo lui è l'alternativa alla sinistra di Bersani e Vendola. Lo ripete come un mantra – lo ha fatto anche ieri pomeriggio a Canale 5 e lo ribadirà stamane a Radio Anch'io.

Per questo attacca Casini e Montezemolo i «leaderini» che, sostiene, non sarebbero in grado di governare. Lo stesso Monti è stato ridotto l'altra sera a Porta a porta a «piccolo protagonista», qualora decidesse di scendere in campo in campagna elettorale.
Berlusconi ha bisogno di svilire Monti e chi lo sostiene perché altrimenti diventerà residuale. Ha bisogno dei voti della Lega per tentare di conquistare la Lombardia e il Veneto e di ricucire con Gianfranco Miccichè per recuperare la Lombardia. A quel punto – dice – «anche se Bersani riuscirà a prendersi la Camera, il Senato non lo avrà». E dunque il Paese sarà «ingovernabile». Ecco il piano. E alcune delle caselle vanno già al loro posto.
L'accordo con Maroni è dato già per fatto. Angelino Alfano ieri lo ha detto esplicitamente («aspettate qualche giorno e vedrete»). E in effetti i toni nel Carroccio sono cambiati. Bastava sentire ieri Matteo Salvini, fedelissmo di Maroni, a La Zanzara su radio24: «Mai con Silvio? Di sicuro c'è solo la morte, e il governo della Lombardia merita qualsiasi sacrificio. Certo accettare Berlusconi sarebbe un sacrificio di quelli grossi, un sacrificione».

La sintesi padana è: si può fare. Il che spiana la strada anche in Veneto. In Sicilia poi sono ripresi i contatti con Miccichè, il leader di Grande Sud che aveva abbandonato non il Cavaliere bensì il Pdl di Alfano, ma visto che Alfano (e Schifani) è stato drasticamente ridimensionato dal ritorno di Berlusconi non è escluso che il protagonista del 61 a 0 di dodici anni fa torni a darsi da fare. Intanto ieri il presidente del Senato ha fatto sapere che «tornerà nel Pdl in punta di piedi».
Un'altra tessera è il rinvio del voto al 24 febbraio che il Cavaliere e il Pdl considerano «una vittoria». Una settimana in più senza par condicio, da assoluto protagonista per risalire nei consensi.
Berlusconi spinge per essere a Ballarò, mentre sarà da Santoro in diretta il 10 gennaio e domenica prossima a in Onda su La 7. Vuole essere ovunque. Esserci prima che tutta l'attenzione si sposti sull'altro grande protagonista: Monti. Il leader del Pdl sa bene che quando il premier farà il grande passo riflettori e microfoni si concentreranno su di lui. Che per altro ha il vantaggio di essere ancora il premier, sia pure dimissionario. E che se dovesse prendere piede l'idea che Monti è, può essere il nuovo leader dei moderati per lui sarebbe davvero la fine. Lo sa e per questo blandisce e minaccia, promette posti in lista a chi fino a ieri era pronto a voltargli le spalle e allo stesso tempo assicura i pasdaran che chi ha tradito resterà tagliato fuori. Naturalmente non Alfano. Il segretario dopo il braccio di ferro sulle primarie è ormai tornato a più miti consigli. Ormai sentire lui o Berlusconi è la stessa cosa.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi