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Questo articolo è stato pubblicato il 20 dicembre 2012 alle ore 13:20.

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Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha chiesto un anno di reclusione per Silvio Berlusconi nel processo in cui è imputato per rivelazione di segreto d'ufficio in relazione alla pubblicazione su "Il Giornale" della telefonata in cui Piero Fassino diceva a Giovanni Consorte: «Allora abbiamo una banca». Tre anni e 3 mesi è la richiesta per il fratello dell'ex premier, imputato anche di ricettazione e millantato credito, ma per questo reato il pm ha chiesto di assolvere Paolo Berlusconi.

L'intercettazione come «regalo di Natale»
Silvio Berlusconi con suo fratello Paolo e con gli altri protagonisti della vicenda aveva «concordato» di ascoltare l'intercettazione Fassino-Consorte la vigilia di Natale del 2005 ed è provato che quell'audio «venne sentito» dall'ex premier nella sua residenza. Lo ha spiegato il pm Romanelli, nella sua requisitoria, aggiungendo che quel nastro fu «un regalo» per l'ex premier da parte dell'imprenditore Roberto Raffaelli, e che la pubblicazione del contenuto su Il Giornale «danneggiò» Piero Fassino.

Il passaggio di mano della registrazione
«Il file audio passò di mano solo dopo l'incontro ad Arcore la sera della vigilia di Natale del 2005. Il giorno 27 dicembre Roberto Raffaelli il padrone della società di intercettazioni Rcs fece arrivare la chiavetta nella sede de Il Giornale. Raffaelli aveva rivelato l'esistenza della telefonata ma non consegnò il materiale prima di poter accedere a Silvio». Lo ha detto il pm Maurizio Romanelli nella requisitoria in cui ha chiesto la condanna a 1 anno di Silvio Berlusconi per rivelazione di segreto d'ufficio.

«Raffaelli, Favata e Petessi erano interessati ad avere in cambio appoggi per gli appalti sulla sicurezza in Romania», ha aggiunto il pm. Secondo il magistrato Silvio Berlusconi sapeva molto bene perchè il 24 dicembre del 2005 il fratello Paolo portò ad Arcore Raffaelli e Favata.

Il ricatto di Favata, la mancata denuncia di Berlusconi
L'ex premier sarebbe stato ricattato dall'imprenditore Fabrizio Favata in relazione alla vicenda del passaggio di mano dell'intercettazione Fassino-Consorte, ma malgrado fosse presidente del Consiglio non ha presentato alcuna denuncia «per quasi tre anni», ha affermato Romanelli nel corso della requisitoria al termine della quale ha chiesto la condanna a un anno per l'ex premier per concorso in rivelazione di segreto d'ufficio.

Romanelli nella sua requisitoria, ha ricostruito tutti i tentativi fatti dall'imprenditore Fabrizio Favata per ottenere denaro da Silvio Berlusconi, in cambio, in sostanza, del suo silenzio sulla vicenda della fuga di notizie del nastro Fassino-Consorte.

Favata, infatti, è già stato condannato per questa vicenda con rito abbreviato e anche per l'accusa di tentata estorsione. Secondo il pm, una delle prove della responsabilità di Silvio e Paolo Berlusconi, nella rivelazione del segreto d'ufficio, sta proprio nella "mancanza di denuncia da parte di Paolo Berlusconi e soprattutto di Silvio Berlusconi, che era presidente del consiglio, a fronte di un lunghissimo periodo nel quale Favata ha cercato di ottenere soldi, già a partire dalla fine del 2006".

Il pm ha parlato degli incontri tra Favata e l'avvocato Niccolò Ghedini, il quale, «già dai primi mesi del 2007», sapeva «dei problemi di Favata». In questo quadro,ha concluso il pm, «non c'è stata alcuna denuncia da parte del presidente del Consiglio e non si può dire che non l'abbiano denunciato perchè era un poveraccio, forse, come ha detto anche Paolo Berlusconi, denunciare significava portare sul piatto fatti imbarazzanti».

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