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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2012 alle ore 10:34.

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Giuseppe Setola. Foto AnsaGiuseppe Setola. Foto Ansa

Hanno chiuso gli occhi per farlo diventare un finto cieco. Operazione della Dda di Napoli, questa mattina, per arrestare i professionisti che avrebbero aiutato il boss stragista dei Casalesi, Giuseppe Setola, a simulare una gravissima malattia agli occhi sì da ottenerne il trasferimento dal carcere agli arresti domiciliari, da cui il capoclan sarebbe evaso successivamente, il 7 aprile 2008 per mettersi a capo di uno spregiudicato commando di assassini che in dieci mesi ha seminato 18 morti e otto agguati.

In manette sono finiti l'oculista Aldo Fronterré, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, e l'avvocato Girolamo Casella a cui l'Antimafia (l'indagine è condotta dall'aggiunto Cafiero De Raho e dai pm Ardituro, Conzo, Milita e Sirignano) contestano direttamente l'appartenenza al gruppo criminale. Il legale, dicono le indagini, avrebbe fornito un «consapevole e stabile apporto all'organizzazione» trasformandosi di volta in volta in messaggero e postino del boss latitante e i suoi uomini di fiducia rimasti ancora in libertà. Del ruolo border line di Casella (che ricopre nel Comune di Casagiove il doppio incarico di consigliere e assessore comunale) aveva parlato, il 17 ottobre 2008, il boss pentito Emilio di Caterino a proposito dei suoi contatti con l'allora latitante Giuseppe Setola: «Un terzo incontro l'ho avuto con Setola verso la fine di luglio. Setola mi voleva chiedere perché non avevo portato a termine l'omicidio di Cantelli. Ed io gli risposi con sincerità che per il modo con cui me l'aveva chiesto mi ero molto impaurito. L'incontro avvenne a casa di Raffaele Parente a San Marcellino e vi presero parte anche Massimo Alfiero, Massimo della Big Auto, ed un altro Massimo che potrebbe essere Amatrudi. Nel corso di questo incontro si presentò l'avvocato Gerry Casella, che avevo già incontrato a casa di Alessandro Cirillo. È un avvocato che difende gli affiliati del clan Bidognetti. Peppe voleva essere spiegato il processo a carico di sua moglie. Fu lo stesso Peppe Setola ad avere l'idea di mandare una sua foto con una benda ed un bastone, in modo da rappresentarlo come semicieco. L'avvocato disse di sì e consigliò di mandarla ai giornali. Ad un certo punto l'avvocato chiese a Setola di farci allontanare per parlare di una cosa delicata. Setola disse che avrebbe potuto parlare tranquillamente perché eravamo amici. L'avvocato disse che aveva saputo che la Dia aveva ordine di sparargli a vista. Setola scattò, e rivolgendosi a me disse: "Miliò, se è così allora noi dobbiamo uccidere un paio di poliziotti". Io gli risposi che queste cose non ero disposto a farle».

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