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Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2012 alle ore 08:15.

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Sede del ministero degli Esteri dagli anni 40, con la sua monumentalità di travertino bianco e la geometrica simmetria delle 1.300 stanze, la Farnesina esprime ai visitatori, insieme alle statue del Foro Italico, una marmorea solidità in grado di sopravvivere alle convulsioni politiche del Paese e forse anche alle profezie dei Maya. Ma per altre ragioni, certo non millenaristiche, alla Farnesina il tempo si scandisce nervosamente in ore e minuti d'attesa, mentre scorrono gli interventi alla IX Conferenza degli ambasciatori d'Italia, dove il presidente del Consiglio Monti sta per annuciare le sue dimissioni prima di salire al Colle.
Il ministro degli Esteri Giulio Terzi incrocia le dita: «Aspettiamo con ansia che tornino i nostri marò dall'India: ho preso un impegno personale per riportarli a casa per le feste natalizie ma anche per rispettare le decisioni delle autorità con una lettera di garanzie che ho inviato al collega indiano Salman Khurshid». Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i lagunari trattenuti da 10 mesi in India con l'accusa di aver ucciso due pescatori mentre svolgevano un'attività di contrasto alla pirateria nell'Oceano Indiano, arrivano oggi in Italia. Ma ogni mezza parola sbagliata potrebbe pesare sulla loro sorte fino all'ultimo momento, anche in queste ore che è stato concesso dall'Alta Corte del Kerala, dietro cauzione, un permesso speciale di 15 giorni. È un sollievo quando arriva la notizia che ai due soldati italiani hanno restituito i passaporti.
«Questo - dice Terzi - è stato un episodio paradossale, dall'inizio alla fine. I marò sono caduti in una trappola e non è spiegabile che siano stati catturati con la forza. Non si ha idea delle difficoltà che abbiamo incontrato, nonostante ci sia stata una mobilitazione internazionale con interventi diplomatici diretti dell'Unione europea e dei Paesi che hanno influenza in India. È importante che adesso su questa vicenda non ci siano le consuete strumentalizzazioni in chiave interna. Ma non ci spero».
Le parole di Terzi sulla coriacea resistenza dell'India per evitare che venissero sottoposti alla giurisdizione internazionale sono confermate dai titoli della stampa di Delhi, alcuni come quello del «New Indian Express» dai toni vagamente ironici: «Vacanze romane per i marò». Altri giornali, più pacati, sottolineano che sarebbe stato facile per i giudici respingere la richiesta di licenza.
Incombe l'India ma anche la cosiddetta "primavera araba" che ha cambiato metà dei regimi della sponda Sud: «La crisi in Siria è la più difficile - dice Terzi -. Troppa la violenza da parte di Assad, e ora ricomporre la coesione nazionale è assai difficile: a lungo termine gli effetti possono essere devastanti e da quelle parti non vedo in circolazione dei Mandela. Trovare un compromesso è complicato, anche se ho colto da parte della Russia l'interesse a trovare una soluzione: qualcosa si muove».
Quali sono per l'Italia i vantaggi e gli svantaggi della primavera araba? «"La rivoluzione francese? Troppo presto per giudicarla": potrei cavarmela con questa abusata battuta che fece il leader cinese Zhou Enlai negli anni 70. Ma non è corretto. Certo è laborioso stabilire rapporti con i nuovi regimi, anche per il mondo degli affari: sono cambiati interlocutori con i quali c'erano decenni di relazioni. Ma si trattava di autocrazie repressive con una scarsa rappresentanza politica e sociale. Con il presidente egiziano Mohammed Morsi (oggi in Egitto si vota per il secondo infuocato turno del referendum costituzionale, ndr) avevamo contatti ancora prima che diventasse presidente, poi ha compiuto in Italia la sua prima visita in Europa. Sfortunatamente, con il nostro governo dimissionario, la bilaterale prevista in gennaio al Cairo perde significato. Sono comunque fiducioso che queste transizioni miglioreranno nettamente il quadro per l'Italia. È vero che ci sono forze pericolose per la stabilità, come jihadisti e salafiti, ma si stanno anche sprigionando energie positive. A Milano, per esempio, c'è stata di recente un'importante missione libica di 200 persone: per la prima volta in 60 anni era costituita da imprenditori privati. Un anno e mezzo fa era un evento inimmaginabile».
Avremo nuove opportunità per le imprese italiane? «Il Grande Mediterraneo, che arriva fino al Golfo, rappresenta un mercato di 300 milioni di persone con un interscambio per l'Italia di 80 miliardi di euro l'anno, un volume aumentato nell'ultimo anno del 20 per cento. La diplomazia italiana sta intensificando il suo contributo soprattutto con missioni "business to business", mirate per settori e indirizzate alle piccole e medie imprese, e missioni di "sistema", una ogni bimestre, in diverse aree geografiche e su mercati dinamici: in America Latina l'Ance, l'Associazione dei costruttori, segnalava quest'anno un aumento di ordini del 30 per cento».
Secondo Terzi c'è un «pregiudizio favorevole» nel mondo nei confronti dell'Italia. «L'immagine maturata all'estero, a Bruxelles come all'Onu, è che l'Italia è ripartita, non tanto in termini di crescita economica ma come volontà di esserci, con la qualità della sua attività internazionale».
Anche il contrastato voto positivo dell'Italia sulla Palestina come osservatore all'Onu - ricordato ieri con enfasi alla Farnesina in un discorso del ministro degli Esteri francese Laurent Fabius - ci ha fatto uscire dalla solita opaca presenza alle Nazioni Unite: «Si è trattato -_ osserva il ministro Terzi - di una decisione difficile alla quale hanno contribuito le forze politiche consultate dal governo, raggiunta nel convincimento che una posizione più avanzata dei Paesi dell'Unione possa rappresentare uno stimolo per la ripresa del negoziato arabo-israeliano: una scommessa sulla pace».

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