Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2012 alle ore 08:16.

My24

ROMA
Ci ha sperato fino all'ultimo minuto utile, ma ha dovuto prendere atto della sconfitta perché il Ddl sulle misure alternative al carcere si è fermato a un passo dal traguardo. E così al ministro della Giustizia, Paola Severino, non è rimasta che «l'amarezza» per quella «pagina bellissima» che avrebbe potuto concludere la sua esperienza al dicastero di Via Arenula e che invece è stata affossata al Senato.
Il disegno di legge, in seconda lettura, era stato licenziato giovedì dalla commissione Giustizia di Palazzo Madama senza esprimere un voto. Ma ieri in aula il presidente del Senato, Renato Schifani, ha dovuto registrare l'opposizione di Lega, Idv, Fratelli d'Italia e Centrodestra nazionale e rispedire il provvedimento in commissione, con una decisione «sofferta, travagliata dal punto di vista morale. Ma se dovessi decidere col cuore – ha dichiarato – andrei avanti con l'esame in Aula».
Sin dalla mattinata di ieri, però, il destino del Ddl sembrava segnato. Con la Lega che aveva annunciato battaglia in aula, esponendo nell'emiciclo una serie di cartelli con la scritta «delinquenti in carcere». «Faremo di tutto per bloccare l'approvazione», aveva minacciato il capogruppo del Carroccio al Senato, Federico Bricolo. «Se vogliono mandare ai domiciliari chi ha condanne fino a 4 anni e anche più – aveva aggiunto – allora lo devono dire in campagna elettorale e farsi dare il mandato dai cittadini». Toni bellicosi seguiti poi dalle parole del segretario Roberto Maroni affidate a Twitter dopo l'affossamento. «Questa è la Lega: sulle barricate contro il decreto svuotacarceri».
Critiche erano poi arrivate anche da altri schieramenti. «Con soddisfazione abbiamo rispedito in commissione il pessimo provvedimento sulle pene alternative del ministro Severino», aveva commentato il senatore Luigi Li Gotti, responsabile Giustizia dell'Idv. E anche il presidente della commissione Giustizia, Filippo Berselli (Centrodestra nazionale), aveva bollato il provvedimento come «un'amnistia mascherata».
Attacchi rispediti al mittente dal ministro che ha più volte ricordato la scelta di non ricorrere al decreto «per rispetto del Parlamento. Volevamo fare insieme un testo così importante - ha spiegato Severino -. Ma è sotto gli occhi di tutti quale sia l'urgenza del sistema carcerario». Il Ddl, ha quindi ribadito il ministro, «avrebbe riguardato circa 2.100 detenuti. Anche se poi toccherà sempre al giudice decidere di caso in caso». Il rammarico è evidente, ma la Severino non demorde. «I provvedimenti per affrontare il problema dell'affollamento delle carceri resteranno per la prossima legislatura e occorrerà riprendere il piano di edilizia carceraria e le misure alternative al carcere, perché il carcere deve diventare l'estrema ratio». Poi la risposta alle critiche di chi ha scelto di impallinare il provvedimento. «Non è un'amnistia mascherata - dice - e non è vero neanche che fosse fatto per i colletti bianchi, era una legge per i poveri disgraziati che per reati di entità non rilevante potrebbero non stare in carcere, come avviene in tutti gli altri Paesi, dove il 75% dei colpevoli di reati minori sconta pene alternative, da noi l'80% resta in carcere».
Il Ddl tornerà in commissione e chissà quale sarà il suo destino nella prossima legislatura. Ma, per il capogruppo del Pd, Anna Finocchiaro, «si è persa una grande occasione. Credo che non approvare il provvedimento sia stato un fallimento di uno dei compiti essenziali della politica: rispondere alle promesse che fa e mantenerle, specie quando riguardano la carne viva delle persone».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi