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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2012 alle ore 14:53.

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Miki BiasionMiki Biasion

''Vado in Sudamerica per vincere''. E' la promessa di Miki Biasion a pochi giorni dalla partenza per Lima da dove il 5 gennaio iniziera' la Dakar 2013. Il pilota vicentino, campione del mondo di rally nel 1988 e 1989, e' pronto ad affrontare per la decima volta in carriera la corsa motoristica piu' affascinante e impegnativa al mondo. Dalla capitale del Peru' a Santiago del Cile, passando per l'Argentina: un percorso lungo oltre 8mila chilometri e 14 tappe alla guida del New Trakker Evolution 2, il camion della Iveco del Team olandese Petronas De Rooy Iveco.

Adrenalina, avventura, rischio, abilita', strategia. Il contesto e' cambiato - dal 2009 non si corre piu' in Africa – non le caratteristiche della Dakar. ''E' la corsa piu' faticosa che esista – confessa Biasion -. E, nella mia categoria, i camion, la competizione e' elevatissima. Su 80 team concorrenti, una trentina possono puntare alla vittoria. Per un pilota e' adrenalina pura, e' stimolo in piu'. Quando vai una volta alla Dakar, vuoi tornarci''.

RALLY - ''Sono stati la mia vita – racconta Miki -. Ho smesso nel '95 quando il mondo dei rally stava cambiando: c'erano pochissimi costruttori coinvolti, molti piloti arrivavano con la valigetta dello sponsor e comperavano un posto in una squadra ufficiale. A me, che ero sempre stato professionista, non piaceva essere desiderato solo per il budget che garantivo, cosi' ho appeso il casco al chiodo. Poi, da un incontro casuale con i dirigenti Iveco si e' sviluppata l'idea Dakar, ed ora eccoci qua pronti per una nuova avventura''.

La Dakar si differenzia da tutte le altre competizioni del motorsport. ''E' una gara di durata, l'avversario numero uno e' il deserto, la natura. Per la classifica sono gli altri piloti, ovvio, ma tu parti non per battere un pilota ma per riuscire ad attraversare una certa zona e ad arrivare senza problemi a fine tappa. Ci vogliono regolarita', tattica, esperienza''. Da quando si corre in Sudamerica, dove ha trovato grande passione e seguito popolare, la e' tecnicamente ancora piu' difficile. ''Quest'anno – racconta Biasion - affronteremo dune di sabbia molto alte nel deserto peruviano. In Africa arrivano al massimo a 250-300 metri, li' tante volte si toccano quota 1.700 metri. Attraverseremo inoltre in due occasioni la Cordigliera delle Ande in Argentina, per due volte si salira' a 4mila metri, con difficolta' respiratoria per gli equipaggi e difficolta' per le turbine dei motori. La Dakar e' test perfetto per l'affidabilita' dei mezzi, che vengono messi in condizioni estreme''.

STRESS - Anche dal punto di vista fisico lo stress e' notevole. Ogni giorno per 14 giorni, tra trasferimenti da e per i bivacchi e prova speciale si affrontano 800-1000 chilometri. ''Io ho iniziato la preparazione atletica a fine agosto con un preparatore – spiega il pilota vicentino -: faccio 2-3 sedute alla settimana di 4 ore, con lavoro aerobico, pesi e soprattutto addominali e dorsali che sono i muscoli piu' sollecitati per le oscillazioni verticali cui si e' sottoposti alla guida del camion. E poi ho osservato una normale dieta alimentare, senza pero' rinunciare al pranzo di Natale...''.

Gli occhi di Miki esprimono una carica e una voglia incredibile di partire per l'avventura. L'anno scorso e' giunto sesto, vincendo tre tappe. ''E' come una caccia al tesoro, visto che il percorso di ogni tappa lo si scopre la sera prima e la chiave diventa il tuo co-pilota navigatore (Giorgio Albiero, più il meccanico Michel Huisman, ndr), ma e' l'unica disciplina del mondo dei motori dove l'aspetto umano e' dominante. Si prova vincere, ma se il tuo avversario ha dei problemi in corsa, ci si ferma e lo si aiuta. In questo ricorda il rugby e il suo terzo tempo. Alla sera, poi, siamo tutti in fila al buffet per la cena, dalla star all'ultimo meccanico, tutti allo stesso livello. E' questo il bello, non c'e' differenza: ognuno monta la propria tenda e la propria doccia, la natura livella tutti''.

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