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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2012 alle ore 19:09.

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Franco Fiorito per due anni ha "scandalosamente dissipato ingenti risorse pubbliche per fini personali". La Corte di Cassazione ha depositato oggi le motivazioni con le quali il 3 dicembre scorso aveva affermato la necessità della custodia in carcere per l'ex capogruppo del Pdl alla regione Lazio. Accusato di peculato per aver sottratto i fondi destinati al partito per circa un milione e 300 mila euro. Le motivazioni della Cassazione arrivano dopo la decisione del Gip che ieri ha concesso all'ex amministratore gli arresti domiciliari. La Suprema in 19 pagine indica Fiorito come l'autore di molteplici episodi di peculato commessi "in modo preordinato, scientifico e reiterato, circondandosi di correi e persone compiacenti in grado di fungere da bracci operativi degli illeciti da lui architettati".

Per i giudici della sesta sezione penale (sentenza 49976) è concreto il rischio di alterare i fatti storici "sterilizzando i gravi episodi di ruberie personali, diluendoli in una sorta di responsabilità collettiva che, in cerchi più ampi, coinvolge tutti i componenti del gruppo consiliare, l'intero consiglio regionale, le strutture della regione". Alto anche il rischio di fuga reso più agevole dalla proprietà di tre appartamenti e cinque conti correnti a Tenerife. Né può essrre rassicurante la condotta tenuta fino ad oggi dall'ex ammistratore che non ha dimostrato un "particolare anelito collaborativo" ma si è anzi distinto per "l'attitudine inquinatoria e dissuasiva, che non soltanto ha distrutto gran parte dei documenti utili per le indagini di cui si era appropriato, sottraendoli dagli uffici della sede della Regione e portandoseli a casa, ma non si è fatto scrupolo di alimentare forme di pressione o intimidazione nei confronti dei suoi avvarsari politici nell'ambito del suo stesso gruppo consiliare".

Scopo dei dossieraggi era quello di dimostrare quanto l'attitudine alla ruberia fosse diffusa nell'intera classe dirigente politica della Regione. Un "vizio" comune che avrebbe reso "meno eclatante la sua prolungata e redditizia opera di depredazione delle risorse pubbliche riservate al gruppo consiliare già da lui presieduto". Ma la lista della "malefatte" del Batman di Anagni potrebbe allungarsi: i giudici hanno, infatti, avvertito che le indagini in corsopotrebbero portare ad accertare ulteriori fatti delittusi a carico di Fiorito & Co

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