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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2012 alle ore 10:45.
Oggi e domani si svolgono le primarie per la selezione dei candidati del Pd alle prossime elezioni politiche. Bersani lo aveva detto e ha mantenuto la parola. Senza riforma elettorale, e quindi in presenza delle famigerate liste bloccate, il Pd ha offerto agli elettori iscritti all'albo del partito la possibilità di scegliere la maggior parte dei candidati da mettere in lista. Per il Pd è una decisione che presenta alcuni vantaggi e qualche rischio. Non c'è dubbio che si tratta di una scelta che va incontro a una diffusa richiesta di partecipazione. Solo il M5S ha seguito questa strada ma lo ha fatto con mezzi molto più opachi. Nel caso di tutti gli altri partiti saranno ristrette oligarchie a scegliere i candidati. Per il Pd le primarie sono anche un modo per ridurre i conflitti. Senza questo strumento la decisione sulle candidature avrebbe coinvolto in difficili trattative le strutture centrali e periferiche del partito con il rischio di generare tensioni in un momento in cui conta moltissimo apparire uniti. Adesso saranno gli elettori a risolvere in gran parte la questione. Sono loro gli arbitri. I conflitti non spariranno, ma saranno fortemente ridimensionati. Il rischio in tutto ciò è che i candidati scelti, e soprattutto gli eletti, non siano proprio la migliore delle squadre possibili né in termini di distribuzione delle competenze che come rappresentanza territoriale e di genere. Ma sono i rischi della democrazia.
Per limitare questi rischi il regolamento approvato per questa consultazione prevede alcuni meccanismi correttivi. Infatti non tutto verrà deciso dagli elettori. Alla segreteria nazionale del partito spetta la designazione di tutti i 44 capilista di Camera e Senato. A questi vanno aggiunti altri 92 candidati che rappresentano circa il 10% dei membri del Parlamento (tabella in pagina). In totale sono 136 i candidati sottratti alla competizione. In realtà saranno meno in quanto molto probabilmente neanche il Pd si sottrarrà alla tentazione - sbagliata - di indicare uno o più candidati come capilista in più circoscrizioni. In ogni caso la segreteria nazionale avrà a disposizione un congruo numero di candidature che - si presume - saranno tutte a elezione certa. Infatti sarebbe ben strano che questi candidati "nazionali" siano collocati in lista in posizioni a rischio di ineleggibilità. In pratica i candidati selezionati da Bersani, di concerto con le strutture periferiche del partito, costituiranno quasi il 30% dei circa 400 parlamentari su cui potrà prevedibilmente contare il Pd nella prossima legislatura. Si tratta di una percentuale significativa da poter utilizzare per compensare eventuali "distorsioni" della rappresentanza generate dal voto.
Queste distorsioni possono essere sia di genere che territoriali. Quanto al genere è previsto che in ciascuna lista circoscrizionale ci sia come minimo il 33% di esponenti dello stesso sesso. In pratica il 33% di donne. Per ottenere questo risultato viene lasciata notevole flessibilità alle strutture periferiche del partito. Quanto e come la useranno è tutto da vedere. Dovrebbe aiutare il fatto che gli elettori possono (non debbono) esprimere una doppia preferenza. Possono votare un uomo e fermarsi lì. Ma se decidono di esprimere un secondo voto devono votare una donna. Ovviamente vale anche il contrario. Questo dovrebbe facilitare la presenza femminile nelle liste. Il caso della regione Campania lascia ben sperare. Ma quante donne si troveranno in una posizione di lista tale da consentirne l'elezione? E come si comporteranno gli organi dirigenti del partito nel caso in cui questo evento si verifichi raramente? E come verrà utilizzato il listino nazionale per compensare eventuali anomalie in periferia? Queste primarie sono un esperimento interessante da molti punti di vista.
Quanto alle distorsioni territoriali la questione è ancora più complessa sia tecnicamente che politicamente (si veda il sito cise.luiss.it). Da solo il voto degli elettori delle primarie non può garantire che tutte le province di una regione o di una circoscrizione siano adeguatamente rappresentate, nonostante gli accorgimenti previsti dal regolamento. Di nuovo dovranno essere gli organi dirigenti del partito a dover intervenire utilizzando la flessibilità loro garantita. Ma non sarà indolore.
Le primarie sono uno strumento inventato per la selezione di candidati a cariche monocratiche. Il tentativo del Pd di adattarle alla scelta di candidati da mettere in liste plurinominali è certamente lodevole ma è pur sempre un compromesso. Il modo migliore per restituire agli elettori la possibilità di scegliere i candidati è rappresentato dal collegio uninominale maggioritario. Speriamo che l'esito delle prossime elezioni ne consenta la resurrezione.
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