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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2012 alle ore 08:12.

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Sale la polemica sull'evasione fiscale in Grecia. Il partito socialista ellenico, il Pasok, ha espulso ieri l'ex ministro delle Finanze, George Papaconstantinou, 51 anni, sospettato di aver cancellato i nomi di alcuni suoi parenti dalla lista di presunti evasori fiscali nota come "lista Lagarde", la versione ellenica della lista nota in Italia come "Falciani".
Papaconstantinou, un tecnico che ha studiato alla London School of Economics e l'artefice del primo piano di salvataggio del Paese nel maggio 2010, aveva ricevuto la famosa lista nel 2010 dall'allora ministro delle Finanze francese, Christine Lagarde, oggi direttore generale del Fondo monetario internazionale, composta da circa 2.059 titolari di conti alla banca HSBC in Svizzera, sui cui stanno indagando le autorità per eventuale evasione fiscale.
In un duro comunicato, il Pasok ha affermato che ci sono «chiari indizi» sul fatto che i nomi dei parenti dell'ex ministro siano stati cancellati, a fronte della smentita «categorica» arrivata dallo stesso Papaconstantinou. Ma la nuova copia giunta da Parigi ha tre nomi che nella lista greca finora non comparivano.
La lista era stata pubblicata a fine ottobre dal giornalista investigativo Costas Vaxevanis che era stato arrestato, processato per il reato di violazione della privacy e quindi prosciolto pochi giorni dopo.
Come riferisce il quotidiano Kathimerini, ai tre nuovi nomi sono collegati due conti bancari su uno dei quali sarebbero depositati 1,2 milioni di dollari. Il Parlamento ha votato, con il sì dei tre partiti della maggioranza che sostiene il governo Samaras, la costituzione di una Commissione parlamentare sulla vicenda.
Siamo di fronte a un regolamento di conti tra ex ministri visto che anche Venizelos, oggi presidente del Pasok, è stato responsabile delle Finanze oppure si sta scoperchiando uno dei più spinosi dossier dell'economia greca, quello dell'economia sommersa e dell'evasione? La stremata opinione pubblica greca pare credere che sia giunto il momento della resa dei conti sull'evasione fiscale di massa e sui politici che per decenni l'hanno blandita, permessa e forse a volte assecondata in prima persona affondando i conti pubblici.
La diagnosi del Brookings Institution è impietosa: c'è in Grecia un'economia sommersa pari al 27% del Pil e una corruzione pari all'8 per cento. Non solo. Secondo l'Fmi «il 75% dei lavoratori autonomi greci dichiarava meno di 12mila euro, limite sotto il quale scattava l'esenzione fiscale», ora il limite è stato ridotto a 5mila euro. Una evasione di massa, spudorata, che generava a sua volta corruzione e mancanza di senso dello Stato. Il fisco greco sembra un groviera tanto è pieno di buchi e scappatoie. E non riesce ad incassare nemmeno un terzo di quanto eventualmente accerto.
Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart (nel libro «Questa volta è diverso: otto secoli di follia finanziaria»), citano un dato che parla chiaro: Atene ha uno dei tassi di economia sommersa più alto di tutta Europa, pari al 30% del Pil. La cifra di Rogoff, ex capo economista del Fondo monetario internazionale, è vicina a quella di altri studiosi come Friedrich Schneider (si veda il grafico in pagina) dell'Università di Linz, che nel suo studio del 2012 («La dimensione dell'economia sommersa nei maggiori paesi Ocse» stima la quota dell'economia nera greca al 27%, mentre un rapporto di Danopoulos e Znidaric dekl 2008 azzarda quote oscillanti tra il 25% e 37% del Pil.
L'ex premier greco George Papandreou aveva stimato l'evasione fiscale greca in 30 miliardi di euro l'anno su un Pil di 280 miliardi di euro. Un'evasione di massa senza vergogna, che genera a sua volta corruzione e un deficit cronico nelle entrate.
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