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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2013 alle ore 14:37.

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Quando apparve, sempre pochi passi dietro Joseph Ratzinger appena eletto Papa, in quell'aprile del 2005, quasi nessuno sapeva chi fosse. Ma la sua immagine immediatamente si impose ai media di tutto il mondo. Don Georg Gaenswein era da qualche anno il segretario personale del cardinale Joseph Ratzinger, e lo sarebbe diventato del nuovo Pontefice.

Giovane – allora aveva appena 48 anni – sportivo, decisamente di bell'aspetto (tema su cui non ha mancato di scherzare un po') il monsignore tedesco originario della Foresta nera, canonista di solida formazione, negli anni ha notevolmente allargato la sua sfera di influenza, tanto che nelle scorse settimane è stato nominato dal Papa nuovo Prefetto della Casa Pontificia al posto del neo-cardinale americano James Harvey, promosso e "allontanato" dal palazzo apostolico.

Una nomina senza precedenti, visto che l'ormai arcivescovo Gaenswein accumulerà su di l'incarico di Prefetto della Casa Pontificia – una sorta di "superministro della Real Casa" che dirige e regola le udienze ufficiali del Pontefice, quindi un ruolo-chiave verso l'esterno di grande influenza – e di segretario particolare, quindi l'ombra del Pontefice che vive e lavora a pochi metri dal capo supremo della Chiesa, in grado quindi di esercitare una notevole influenza, vista anche l'età avanzata del Papa e la sua non spiccata propensione agli affari correnti. In passato neppure il potentissimo monsignor Stanislaw Dziwisz, storico segretario di Giovanni Paolo II, era arrivato così in alto: divenne reggente, "numero due", ma mai Prefetto.

Oggi don Georg, a 56 anni, diventa arcivescovo, e questo avviene in coincidenza con un anniversario simbolico: un anno fa, infatti, scoppiò il caso Vatileaks, che nel corso dei mesi ha gettato scompiglio dentro l'Appartamento Pontificio, con l'allontanamento dell'ex maggiordomo Paolo Gabriele, che lavorava accanto ai segretari dei Benedetto XVI. Uno scandalo che ha in qualche modo tirato in ballo lo stesso Gaenswein, che ha testimoniato al processo, ma senza mai essere coinvolto: fu lui infatti in maggio a rivelare a Gabriele di essere l'indiziato della fuga di documenti dalle Sacre Stanze, accusa che poi si è rivelata fondata. Una vicenda che rischiava di avere degli strascichi ancora più nefasti per la Curia, ma che il Papa ha in qualche modo chiuso (formalmente, visto che le indagini pare vadano avanti con discreazione) con la grazia all'ex aiutante di camera.

Insomma, con la nomina di Gaenswein il Papa conferma la fiducia e "blinda" il suo più stretto collaboratore, e lo eleva a un rango che lo mette in posizione di forza dentro la Curia, dove forse gli amici non sono numerosi quanto i potenziali nemici.

Inoltre l'elevazione al rango vescovile e l'affidamento in un'unica mano della "gestione" del Papa rafforza l'autorevolezza di don Georg nei rapporti esterni alla Curia, e in particolare verso l'Italia. Infatti è noto il suo rapporto con Federico Toniato, il primo collaboratore di Mario Monti a palazzo Chigi: dal legame tra i due (che risale a prima dell'elezione al Soglio papale di Ratzinger) sono anche scaturiti i recenti endorsement vaticani (con tanto di telefonate) dal palazzo Apostolico verso il Professore. Ma sulla politica italiana – Gaenswein lo sa bene – gli interessi e le ambizioni delle gerarchie ecclesiastiche sono molte. D'ora in poi, forse, con l'avvicinarsi del voto prevarrà una maggiore prudenza.

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