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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2013 alle ore 06:38.

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ROMA
A fine 2012 la spesa dei programmi finanziati con fondi Ue ha toccato il 37% del totale programmato per il periodo 2007-2013: era partito dal 22% a fine 2011 e questo balzo di 15 punti su scala nazionale ha evitato la perdita di consistenti fondi comunitari. Dei 52 programmi attivi, infatti, solo uno, quello interregionale degli "attrattori culturali", non ha raggiunto il target posto dall'Unione e restituisce 33 milioni a Bruxelles. «È mezzo millesimo dei 60 miliardi complessivi di programmazione, mentre abbiamo rischiato di perdere quote di fondi ben più consistenti», ha detto con soddisfazione il ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, esponendo la radiografia 2012 dei fondi.
La spesa nazionale certificata a Bruxelles ha superato di 5,5 punti l'obiettivo minimo medio del 31,5 per cento. Il banco di prova è ovviamente soprattutto il Mezzogiorno. Le cinque Regioni "convergenza" (Puglia, Campania, Calabria, Sicilia, Basilicata) sono arrivate a una spesa del 33,2% sul programmato totale, a fronte di un obiettivo del 27,4. Le altre Regioni hanno raggiunto il 45,2% contro un obiettivo del 41,6.
Il raggiungimento dei target è spiegato parzialmentente dalla riduzione del cofinanziamento nazionale ai programmi di spesa, avvenuto in tre tranche dal novembre 2011 a fine 2012. Barca lo ha correttamente detto. Con il «Piano azione coesione», una parte dei fondi nazionali di cofinanziamento sono stati appostati in un fondo parallelo, con il risultato di abbassare le risorse programmate complessive e rendere più facile il raggiungimento delle percentuali imposte da Bruxelles. Il risultato raggiunto a fine 2012 è andato, però, oltre il salto garantito dall'espediente contabile.
Se il primo risultato è aver salvato i fondi, il secondo risultato di cui Barca va fiero è infatti proprio il fatto che molte regioni, anche del Sud, sono andate ben oltre i target fissati. Gli esempi più calzanti sono i dati relativi al Fesr (il fondo che finanzia prevalentemente infrastrutture) per Puglia e Sicilia. La Puglia doveva arrivare al 36,1% ed è arrivata al 41,8 per cento. La Sicilia doveva raggiungere il 15,9% e ha centrato il 18,8. Il dato in valore assoluto, poi, elimina qualunque dubbio sul risultato. La Puglia doveva spendere 1.621 milioni ed è arrivata a 1.876. La Sicilia doveva spendere 958,3 milioni e ha speso 1.133,7 milioni.
Proprio perché depurato degli espedienti contabili, il dato più significativo dell'accelerazione di spesa, è quello della spesa in valori assoluti: sono stati spesi negli ultimi 14 mesi 9,3 miliardi, quando nei precedenti 58 mesi ne erano stati spesi nove. Se si considera un periodo omogeneo di 14 mesi antecedente, quello tra novembre 2010 e dicembre 2011, la spesa era stata di 8,2 miliardi, con un incremento che è dell'ordine del 12%. Per questo un ringraziamento di Barca è andato anche al suo predecessore, Raffaele Fitto, che aveva avviato la politica della riprogrammazione dei fondi.
Ma Barca ci ha tenuto soprattutto a sottolineare le responsabilità di governatori e amministratori locali per il risultato raggiunto. «Anche perché - ha chiosato - la maggioranza politica molto larga in Parlamento ci ha facilitato il rapporto con Regioni di ogni colore politico. Non so se il mio successore si troverà in una condizione altrettanto favorevole».
Barca non ha risparmiato anche una nota polemica. «Chi dice che questo Governo non ha fatto politiche di sviluppo, dovrebbe tener conto di questo dato di spesa che significa lo 0,6 per cento del Pil», ha detto il ministro, ricordando che il moltiplicatore della spesa pubblica per investimenti è più alta di quella per i consumi.
Ora c'è la sfida dei tre prossimi anni. «Restano da spendere 31,2 miliardi di euro per i prossimi tre anni, è una sfida enorme», ha detto Barca. «Ma anche una grande opportunità – ha detto il ministro – perché sono tutte risorse destinate allo sviluppo».
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