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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2013 alle ore 13:52.

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33 titoli Nba in due (guidano i biancoverdi a quota 17, ma i gialloviola ne hanno conquistato uno anche in Nbl, nel 1947-48 quando ancora risiedevano a Minneapolis...), 52 titoli di Conference, 44 di Division: non ce ne vogliano Michael Jordan e LeBron James, ma davvero in pochi potrebbero contestare che L'Nba e la sua storia sono legate a doppio filo a Los Angeles Lakers e Boston Celtics, le due franchigie che da sempre sono l'emblema e il simbolo della Lega. Ebbene quando siamo ormai in vista del giro di boa della stagione, il rischio che losangelini e bostoniani non trovino spazio nella post-season non è solo un'ipotesi da fantabasket.

Classifiche - Basta scorrere le classifiche. Boston attualmente occupa l'ottavo - e ultimo posto utile per i playoff - ad Est: record di 18 vinte – 17 perse, 5-5 nelle ultime dieci gare, seppur con una striscia aperta di 4 vittorie e con un vantaggio di altrettante gare sulla più immediata inseguitrice, Philadelphia. Peggio, molto peggio, vanno le cose per i Lakers ad ovest, dove tra l'altro la concorrenza per un posto nei playoff è tradizionalmente più agguerrita: i gialloviola hanno un record negativo di 15-20, sono attualmente fuori dalla post-season, hanno un deludente 4-6 nelle ultime 10 gare e un drammatico 0-5 nelle ultime cinque. E all'ottavo posto qui c'è Denver, forte di un positivo 21-16 (57% di vittoria contro 42%) e di un calendario che finora l'ha vista impegnata ben 23 volte in trasferta. Insomma, per la banda D'Antoni la rincorsa si fa davvero dura.

Motivi - Tanti, in casa L.A., i motivi della crisi: dal repentino cambio in panchina tra Mike Brown e Mike D'Antoni, che finora non ha prodotto benefici sostanziali; alle difficoltà di assemblare tatticamente un roster male assortito, malgrado le tante stelle; ai troppi problemi fisici di molti protagonisti (dal lungo infortunio di Nash, a quello di Blake, ai problemi a schiena e spalla di Howard, ai guai a piedi e ginocchia di Gasol, fino allo stop di Jordan Hill, che ha costretto D'Antoni ha lanciare il rookie Robert Sacre in quintetto sottocanestro); all'incapacità di risolvere rebus tattici inestricabili (vedi la convivenza tra Howard e Gasol, con l'iberico restìo a sfruttare le sue pur buone doti anche fuori dall'area pitturata e fronte a canestro).

Pressione - A tutto questo, aggiungete la pressione che deriva dall'essere tradizionalmente uno dei marchi vincenti (e più ricchi) dell'intero sport mondiale, e allora si che il disastro è fatto. Considerando inoltre che la fama (per alcuni aspetti immeritata) di D'Antoni come allenatore poco attento alla difesa, è stato l'alibi che magari a livello inconscio ha giustificato il totale disimpegno delle sue star nella metà campo difensiva (zona del parquet in cui del resto Nash, Kobe e Gasol non hanno mai brillato...).

Vie d'uscita - Poche, al momento. Alcuni, invece, gli elementi far leva per provare ad uscirne. In sintesi: 1) il recupero degli infortunati; 2) la buona stagione che sta vivendo Metta World Peace, giocatore "totale" e unico vero difensore completo tra i big dei Lakers; 3) il contributo dei panchinari (vedi l'ottimo 22p+13r di Clark nel k.o. con gli Spurs) chiamati giocoforza a elevare ora in qualità e quantità il loro contributo alla causa comune.

Sempreverdi – Parzialmente diverso il discorso per i Celtics, per una serie di motivi: 1) la minore competitività di molte franchigie ad Est; 2) il fatto che Philadelphia non possa ancora contare su Andrew Bynum, il centro (ex Lakers...) ancora ai box per guai alle ginocchia e che, se in buone condizioni, sarebbe davvero un fattore nella corsa playoff; 3) il "sistema" di coach Rivers, ormai assimilato da tempo dai veterani biancoverdi; 4) il recupero di Avery Bradley e Jeff Green e la crescita sotto le plance del rookie Jarred Sullinger.

Limiti - Certo, gli alti e bassi di Rondo e le primavere di Pierce e Garnett pesano sul rendimento dei "trifogli". Così come il deludente rendimento dell'ex campione Nba a Dallas, Jason terry, che finora ha fatto rimpiangere quel Ray Allen volato a Miami. E come l'assenza di un "big man" nel pitturato, che sappia almeno in parte colmare il vuoto lasciato dalla sciagurata trade che ha portato, un anno e mezzo fa, Perkins a Oklahoma. Nei passati playoff, fu Garnett a sopperire con classe ed esperienza. Soluzione non riproducibile, però, per tutto l'anno, per preservare KG in vista della post-season. E allora Rivers deve fare di necessità virtù, contando sui muscoli e l'applicazione dei "mezzi lunghi" Sullinger e Bass. Insomma, suderanno pure per arrivarci, ai playoff; ma poi i Celtics saranno un brutto cliente per tutti.

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