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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2013 alle ore 17:07.

di Dario Pelizzari

Punto primo: con il curriculum che può vantare, Pep Guardiola non aveva che l'imbarazzo della scelta. Per lui, avrebbero fatto l'impossibile praticamente tutte le squadre del mondo. Punto secondo: quando il denaro non è più una priorità, perché il conto corrente sprizza gioia da tutte le parti, nessuna scelta è obbligata. Soprattutto quando si parla di calcio. Punto terzo, l'ultimo: sposare la logica del rischio fine a se stesso, lo insegnano i mammasantissima dell'alta finanza, non porta da nessuna parte. Meglio procedere con prudenza e oculatezza. Sbagliare è un attimo e può pregiudicare una carriera. Ecco le ragioni che stanno dietro alla notizia del giorno, anzi, dell'anno: Guardiola ha detto sì alla proposta del Bayern Monaco perché era la migliore possibile, in assoluto. «Il Bayern non è il club che ha offerto di più. Guardiola ha scelto questo club per il potenziale e i suoi giocatori», ha spiegato Josè Maria Orobitg, uno dei due consulenti personali dell'ex tecnico del Barcellona. E molto probabilmente dice il vero.

Pare che negli ultimi mesi siano pervenute all'attenzione di Guardiola un numero imprecisato di offerte, molte delle quali senza dubbio allettanti sotto il profilo economico e sportivo (dal Chelsea al Qatar, passando dal Manchester City al Psg). Era tutto nelle mani dell'ex centrocampista del Brescia. Stava a lui decidere il quando e il come del ritorno sulle scene. E qualsiasi scelta avesse fatto, sapeva che sarebbe stato comunque oggetto di attacchi più meno diretti da parte dei suoi detrattori. Del resto, è l'allenatore di pallone più desiderato (e vincente) del pianeta. Dopo i traguardi che è riuscito a raggiungere sulla panchina del Barca (14 trofei in 4 anni, se non è un record, poco ci manca), era chiamato a dimostrare di essere il migliore anche senza poter contare sulla compagnia di fenomeni in maglia blaugrana. Perché vincere con Messi, Iniesta e Xavi non è un'impresa da prima pagina, si diceva. E allora, dove replicare un modello che gli aveva già regalato soddisfazioni senza fine?

Il Barcellona è un club ricco di denaro e di talento, con una naturale predisposizione a dare credito ai giovani di belle speranze. In più, tanto per gradire, ha una bacheca da favola, ricca di trofei e di riconoscimenti. Come il Bayern, che in Germania la fa da padrone praticamente da sempre e in Europa ha dettato legge per anni. Basta dare un'occhiata al palmares dei bavaresi per capire che da quelle parti il calcio è questione di massima importanza. 22 scudetti, 15 Coppe di Germania, 4 Supercoppe di Germania, 4 Coppe dei Campioni-Champions League, 1 Coppa delle Coppe, 1 Coppa Uefa, 2 Coppe Intercontinentali. Come dire, tanto, tantissimo, di più. A proposito di giovani. Provengono dalle giovanili del Bayern alcuni dei giocatori più quotati della Nazionale tedesca di Joachim Low. Qualche nome? Schweinsteiger, Badstuber, Kroos, Lahm, Muller. Largo ai giovani, soprattutto quando sono destinati a diventare bravissimi come loro. Anche sotto questo aspetto, Guardiola si sentirà a casa.

La squadra attualmente allenata da Jupp Heynckes (un'istituzione a Monaco e dintorni, alla stregua di altri tecnici che sulla panchina del Bayern hanno lasciato un ricordo indelebile, come Giovanni Trapattoni, Ottmar Hitzfeld, Felix Magath e Louis Van Gaal) è prima nella Bundesliga con 9 punti di vantaggio sul Bayer Leverkusen e si giocherà con l'Arsenal l'accesso ai quarti di finale della Champions League (sfumata l'anno scorso in finale contro il Chelsea), l'obiettivo numero 1 per la squadra pilotata in cabina di regia da due straordinarie glorie del passato, Franz Beckenbauer e Uli Hoeness. Sì, perché se vincere il titolo nazionale per il Bayern non è poi un'operazione troppo complicata, è in ambito internazionale che si gioca la partita chiave delle aspirazioni bavaresi. Da qui, la scelta di chiamare Guardiola, per vocazione e trascorsi uno dei massimi esperti in materia.

Sotto il segno di Gerd Muller. Dal portiere Neuer ai difensori Lahm, Boateng, Badstuber e Alaba. Dai centrocampisti Martinez (comprato dall'Atletico Bilbao la scorsa estate per circa 40 milioni di euro), Schweinsteiger, Kroos, Ribery, e Robben, assi pigliatutto del pallone mondiale, agli attaccanti Gomez, Muller e Mandzukic, esperti bombardieri dell'area di rigore. Guardiola non avrà bisogno di fare rivoluzioni. Il Bayern è già fortissimo così. Certo, sempre che l'uomo della provvidenza catalana non decida di declinare il verbo blaugrana alla filosofia bavarese. Nel caso, difficile pensare che un centravanti vecchio stile come Mario Gomez, alto e potente, possa fare al caso suo. Anche se si sta parlando del capocannoniere della Bundesliga 2010/11. Nessun problema invece per il tiki-taka dei giorni spagnoli. Cambia il contesto, non cambia il ragionamento che vale un posto in Paradiso: per mettere tutti d'accordo, basta vincere.

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