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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2013 alle ore 16:00.
«Poteva andare meglio, ma comunque è andata bene». È la valutazione di una fonte qualificata, che conosce bene tutta la vicenda e che senza infingimenti spiega l'esito della decisione della Corte suprema indiana sui due fucilieri della Marina militare, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Spostare la giurisdizione del caso giudiziario dal Kerala a Nuova Delhi cambia infatti lo scenario.
La speranza remota dell'Esecutivo italiano, forse eccessiva, era che fosse dichiarata subito la competenza dell'Italia a giudicare. Sarebbe stato clamoroso, però, dopo tutto questo tempo vissuto spesso, invece, sul filo di un possibile esito negativo per i due sottufficiali di Marina.
In realtà il lavoro di confronto tra le autorità indiane e quelle del ministero degli Affari esteri e, soprattutto, della Difesa italiana, in questi mesi è stato continuo, con molti incontri e colloqui che resteranno per sempre nella riservatezza dei due Stati.
Certo è che alla fine alcuni segnali di ottimismo, molto prudente ma non campato in aria, si sono visti: quando è stata concessa a Girone e Latorre la possibilità di tornare in Italia per festeggiare con le loro famiglie le vacanza di Natale. Un gesto di fiducia e di disponibilità indiana ricambiato senza esitazioni, con lealtà e rispetto degli accordi, dal puntuale rientro in India.
Eppure l'autorità giudiziaria italiana avrebbe potuto arrestare i due militari, accusati di omicidio colposo: li ha invece ascoltati a lungo e poi sono ripartiti, la sera stessa. Si sta, dunque, pian piano ricomponendo la crisi diplomatica tra Italia e India dopo la morte dei due pescatori del Kerala, allora così grave che il presidente del Consiglio, Mario Monti, alcune settimane dopo la tragedia, andò di persona a parlare con il premier indiano Manmohan Singh nel corso di un viaggio in Oriente.
È evidente che i due governi dialogano e trovano punti di composizione accettabili, graduali e progressivi. Ufficioso e riservatissimo c'è anche un confronto, altrettanto delicato, con i rispettivi poteri giudiziari. Ora in India siamo ormai all'ultimo miglio. E tutti in Italia incrociano le dita confidando sul fatto che la nuova Corte speciale di Nuova Delhi, costituita apposta per decidere sul caso, riconosca la giurisdizione all'Italia.
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