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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2013 alle ore 09:40.

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L'unica certezza è che non è ancora finita. E comunque andrà, il blitz dell'esercito algerino per liberare gli ostaggi, sequestrati mercoledì scorso da un gruppo jihadista nel giacimento di gas di In Amenas, sarà ricordata come una delle operazioni di questo tipo più sanguinose, e forse più criticate.
Al terzo giorno dall'attacco diversi miliziani sarebbero ancora asserragliati in alcuni edifici del complesso guidato dalla joint venture tra la britannica Bp, la norvegese Statoil e l'algerina Sonatrach. Il terzo per produzione di gas dell'Algeria.
Le forze speciali algerine hanno continuato ieri le loro operazioni per isolare i terroristi, guadagnando terreno. Ma rispetto a giovedì, quando avevano fatto ricorso a elicotteri da combattimento e, sembra, artiglieria pesante, ieri si sono affidati a operazioni meno drastiche. Secondo quanto riferisce l'agenzia algerina Aps citando fonti della sicurezza locali, le persone prese in ostaggio sarebbero state quasi settecento: 573 algerini sono stati liberati. Sarebbero circa 100, su un totale di circa 130, gli ostaggi stranieri messi in salvo dalle forze speciali algerine. Dodici sarebbero stati uccisi. Ma, soprattutto queste ultime, sono informazioni che, per come sono andate le cose giovedì, vanno prese con cautela. Diversi ostaggi, sembra 30, si troverebbero ancora nel sito, nelle mani dei rapitori, oppure nascosti. Come ha suggerito la testimonianza di Alexandre Berceaux, un cuoco francese che si è riparato sotto il letto della sua camera per 40 ore prima di esser tratto in salvo dalle forze speciali algerine «Penso che di gente nascosta ce ne sia ancora», ha raccontato. Tre tecnici inglesi, invece, si sono rifugiati in un buco nel soffitto creato da un'esplosione. Per altri è andata peggio: alcuni impiegati malesi, giapponesi e filippini sono stati rinchiusi in una palazzina minata e, in alcuni casi, con cariche esplosive avvolte intorno al corpo. Fonti da Londra hanno parlato ieri di dieci cittadini britannici ancora dispersi a cui si aggiungerebbero due americani.
È ancora un giallo l'identità dei sequestratori. Secondo fonti algerine il sedicente commando di estremisti, definitosi "Coloro che firmano con il sangue", sarebbe composta da combattenti provenienti, oltre che dall'Algeria, dal Mali, dall'Egitto, dal Niger e dalla Mauritania. Anche il loro numero è incerto. Un terrorista catturato ieri ha parlato di 32 combattenti.
Il commando ha ribadito ieri le sue condizioni per liberare gli ostaggi, aggiungendone una nuova: oltre alla fine della missione militare francese in Mali, richiesta fatta giovedì insieme alla scarcerazione di 100 jihadisti detenuti in Algeria, è stato domandato il rilascio di due superterroristi in carcere negli Stati Uniti: si tratta di Aafia Siddiqui, una militante pakistana estradata nel 2008 negli Usa dove preparava attentati, e Omar Abdel-Rahman, lo «sceicco cieco» egiziano arrestato in relazione all'attentato al World Trade Center di New York nel 1993 che sta scontando l'ergastolo in Colorado ed è considerato il capo del gruppo estremista al-Jamaa al-Islamiyya. In cambio della loro scarcerazione verrebbero rilasciati due ostaggi americani. «Gli Stati Uniti non negoziano con i terroristi» ha ribattuto Victoria Nuland del dipartimento di Stato americano
Dopo aver criticato il Governo di Algeri per non aver avvisato per tempo del blitz - e delle sue modalità - Londra ha inviato ad Algeri una squadra composta da personale consolare e analisti di intelligence dell'MI6 ed MI5 per contribuire ad assicurare il rilascio degli ostaggi.
L'attentato a In Amenas sarà comunque ricordato come una delle crisi più complesse negli ultimi anni che ha coinvolto ostaggi stranieri. Anche per un cocktail di fattori che non si vedeva da moltissimi anni: estremisti islamici organizzati e ben armati, la presenza di grandi quantità di esplosivo in un impianto di gas, un grande numero di ostaggi di diverse nazionalità. E la linea estremamente dura usata da Algeri nel combattere i terroristi, mettendo a repentaglio l'incolumità degli ostaggi.
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