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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2013 alle ore 09:41.
ROMA
È un passo avanti, positivo ma non decisivo. Per i due sottoufficiali della Marina militare, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, la Corte suprema indiana ha deciso che la sorte non sarà decisa dal Kerala ma a New Delhi da un tribunale ad hoc: deciderà prima sulla giurisdizione del caso, italiana o indiana, e poi, ma solo nella seconda ipotesi, anche nel merito. Quest'ultimo scenario è quello che l'Italia sta cercando di scongiurare. Per risolvere la vicenda la rete dei colloqui e dei rapporti tra Italia e India, in questi mesi, è stata cucita con tenacia, in prima linea il ministero degli Affari Esteri e, in particolare, il dicastero della Difesa. Si sono esposti i ministri - Giulio Terzi e Giampaolo Di Paola - e i loro tecnici di fiducia. Ora, anche se il rischio di un processo in India per Latorre e Girone resta, lo scenario è cambiato. La questione è diventata affare esclusivo di Roma e New Delhi, senza più la declinazione pericolosa del Kerala. Palazzo Chigi in una nota si dice «fiducioso» e l'obiettivo, ricorda, è far tornare in Italia i due marinai. L'Unione europea accoglie «con favore» la pronuncia indiana di ieri ed è «impegnata a fianco dell'Italia». «La decisione della Corte suprema indiana non può che incoraggiare l'attività diplomatica italiana e un ulteriore impegno del Governo» ha affermato l'ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, capo di Stato maggiore della Difesa.
I giudici indiani Altamas Kabir e J.Chelameswar hanno stabilito che l'incidente non è avvenuto in acque indiane e perciò il Kerala non è competente a giudicare. I due militari italiani sono arrivati in serata con un volo da Kochi, sotto tutela dell'ambasciata d'Italia. I loro passaporti saranno trasferiti dal tribunale di Kollam, dove è automaticamente annullato il processo di primo grado istruito contro di loro, a un altro nella capitale indiana. Potranno muoversi liberamente in India con il solo obbligo di presentarsi una volta alla settimana in un commissariato del quartiere diplomatico di Delhi (a Kochi dovevano farlo ogni giorno).
Dietro la creazione del tribunale ad hoc per il caso c'è anche la valutazione dei giudici di non riconoscere ai militari italiani nel loro servizio sulla Enrica Lexie «quella immunità sovrana» che avrebbe determinato automaticamente la giurisdizione italiana. Un ulteriore elemento che fa da sponda alla difesa di Latorre e Girone è invece il fatto che i giudici abbiano esplicitamente indicato che il tribunale speciale dovrà esaminare il tema della giurisdizione anche alla luce dell'articolo 100 della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Legge del Mare (Unclos) del dicembre 1982.
Quello cioè che, nella sezione «acque internazionali», si riferisce al fatto che «tutti gli Stati coopereranno nella maniera più ampia possibile nella repressione della pirateria in alto mare, o in ogni altro luogo fuori dalla giurisdizione di ciascuno Stato». Come nel caso dell'incidente in cui fu coinvolta la Enrica Lexie il 15 febbraio 2012, avvenuto ben oltre le 12 miglia nautiche, limite delle acque territoriali indiane.
Non sarà neanche casuale la dichiarazione di Dora, la moglie di Valentine Jalastine, uno dei due pescatori morti nell'incidente. «È importante che le famiglie delle vittime ottengano giustizia - riferisce l'agenzia di stampa Pti - quello che è fondamentale è che giustizia sia fatta. Noi siamo quelli che hanno avuto una perdita. Non importa dove il caso sarà trattato - afferma Dora – ma che la giustizia faccia il suo corso».
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UN'ODISSEA LUNGA UNDICI MESI
Le tappe
Il 15 febbraio 2012 Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, membri di una squadra militare a protezione della petroliera Enrica Lexie, sparano contro un peschereccio indiano al largo della costa del Kerala, uccidendo due persone. I due marò hanno sempre detto di aver reagito a quello che sembrava un attacco di pirati
La vicenda ha prodotto un lungo braccio di ferro sulla giurisdizione con l'Italia che contesta la volontà dell'India di processare i due militari e sostiene che la sparatoria è avvenuta in acque internazionali e dunque il giudizio deve avvenire in patria. Da ieri la palla passa a un tribunale speciale di New Delhi