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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2013 alle ore 09:35.

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La Borsa di Milano è sui massimi dall'agosto del 2011, dopo aver recuperato il 41% da luglio scorso. Il listino spagnolo è tornato quasi al record dell'ultimo anno. Lo spread tra BTp e Bund è sui livelli "decongestionati" del luglio 2011. Sia Roma sia Madrid emettono titoli di Stato attirando una grande domanda da parte degli investitori internazionali, tanto che anche il Portogallo – galvanizzato da tanta vitalità del mercato – sta pensando di emettere debito quinquennale per la prima volta da 2 anni. Per non parlare delle aziende greche, come Hellenic Petroleum, pronte anch'esse a collocare obbligazioni: nella grande euforia degli investitori, chissà che non ci sia qualche briciola di entusiasmo anche per loro.
Insomma: i mercati finanziari stanno riportando capitali nel Sud Europa. Lo dimostrano i dati di Target2 della Bce, elaborati da UniCredit: se dal 2008 al giugno 2012 da Italia, Spagna, Portogallo e Grecia erano usciti capitali per circa 900 miliardi di euro (e una cifra analoga era entrata in Germania, Olanda e Finlandia), da giugno l'emorragia si è fermata. Negli ultimi 6 mesi sono rientrati, nei quattro Paesi del Sud Europa, circa 100 miliardi. Visti così, questi dati sembrano lanciare un messaggio rassicurante: la crisi pare finita. Purtroppo, però, questa lettura dei fatti è parziale. Perché l'economia reale racconta una storia diversa. E perché i capitali finanziari stanno andando in tutti i titoli rischiosi del mondo, non solo nel sud Europa. A muoverli è l'abbondante liquidità.
La grande euforia
Se il ritorno della fiducia riguardasse solo Italia, Spagna e Portogallo, il flusso di capitali andrebbe soprattutto in questi Stati. Invece va anche nei Paesi emergenti. Va anche nelle obbligazioni aziendali "spazzatura": ormai hanno mediamente rendimenti ai minimi storici (secondo l'indice high yield di Bank of America) e il loro spread sui tassi interbancari si è dimezzato rispetto a fine 2011. Va anche a Wall Street, che è vicinissima al suo massimo storico toccato nel 2007. Italia e Spagna beneficiano dunque di un fenomeno generale, molto più ampio: gli investitori in queste settimane cercano titoli con tassi d'interesse elevati, e li comprano a piene mani perché i loro rendimenti stanno scendendo velocemente.
I benefici sono comunque evidenti. In questo contesto generale, sono infatti aumentati i titoli di Stato spagnoli in mani estere, cresciuti – secondo Barclays – dal 22% circa di aprile a quasi il 25% di fine novembre. Anche in Italia, seppur senza numeri clamorosi, da maggio a ottobre i titoli di Stato italiani in mani estere sono aumentati da 669 a 671 miliardi. E come i titoli di Stato, vanno a ruba anche le obbligazioni e le azioni bancarie: non è un caso che in questi primi giorni del 2013 banche e imprese italiane abbiano emesso tanti bond, come mai avevano fatto dal 1995 ad oggi.
Economia su un altro binario
Quanto questo rally sia però fragile, lo dimostra l'economia reale. I dati della Banca d'Italia (si veda pagina 3) dimostrano che la recessione nella Penisola continua a mordere. E anche in Spagna – scrive Barclays – «non ci sono chiari segni di una stabilizzazione dell'attività economica»: la recessione nel primo semestre 2013 – stima la banca inglese – sarà pesante come nel 2012, il settore privato deve ancora ridurre l'indebitamento, la disoccupazione crescerà ancora, la bolla immobiliare non ha finito di scoppiare e lo Stato deve continuare con le "strette" fiscali. Insomma: cosa vedano di tanto entusiasmante gli investitori in titoli di Stato spagnoli, non è chiaro.
La realtà è che sui mercati finanziari (purtroppo solo lì) la liquidità pompata dalle banche centrali è abbondante. Così da quando Draghi a giugno ha scongiurato il rischio di distruzione dell'euro, gli investitori hanno iniziato a comprare in maniera quasi compulsiva azioni e obbligazioni di tutti i tipi. Si tratta di speculazione finanziaria. Solo che, una volta tanto, si muove nella direzione a noi favorevole. E questo potrebbe cambiare, lentamente, anche l'andamento dell'economia reale: se si eliminano pressioni forti sui mercati (per esempio quella dello spread), gli Stati hanno più risorse. Se la fuga di capitali dalle banche italiane e spagnole si interrompe, la loro solidità aumenta e – speriamo – prima o poi potranno tornare a finanziare imprese e famiglie. La speranza è che dai mercati finanziari si avvii un circolo virtuoso che aiuti anche l'economia reale. Prima o poi.
m.longo@ilsole24ore.com
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