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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2013 alle ore 21:58.

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NEW YORK - C'è chi è stato catturato dal look della famiglia presidenziale, da quale designer potesse vantare l'onore di vestire il presidente e la first lady. Chi conquistato da coreografia e cerimonia, spettacolari e commoventi anche se forse sottotono rispetto a quattro anni or sono. O dai grandi aspetti istituzionali, il doveroso tributo alle sfide del giorno - il debito, l'economia - e alla necessità di compromessi per risolverli. Ma, pacatamente e quasi sottovoce, Barack Obama ha fatto di nuovo storia al debutto del secondo mandato alla Casa Bianca per altre ragioni: diseguaglianza, diritti civili e ambiente hanno ricevuto un posto d'onore nel suo discorso.

Un presidente spesso moderato per carattere e centrista per vocazione ha dato prova di saper essere per nulla timido - anzi a volte dirompente - nelle battaglie sociali che sceglie di affrontare. Di voler ispirare all'insegna di un'agenda progressista, oltre che guidare, un'America che pure appare divisa e travagliata.

Ecco la "piccola" rivoluzione nelle parole del presidente. Sulla sperequazione sociale, mentre le disoccupazione ristagna ancora vicina all'8%, ha fatto balenare la necessità di nuove guerre alla povertà che raccolgano al passo con i tempi odierni l'eredità di Lyndon Johnson, fatte di accesso all'istruzione, di nuove qualifiche necessarie a mettere a frutto opportunita' per tutti, e di sostegno ai ceti medi sotto assedio. «Il Paese non può avere successo se un sempre minor numero di persone vive molto bene - ha dichiarato - mentre una crescente schiera riesce a malapena a sopravvivere».

E ha rivendicato la necessità di controllare i costi di sanità e pensioni, necessaria a preservarle per generazioni a venire, senza tradire ora gli impegni all'assistenza degli anziani.
Nel giorno della festa dedicata all'eroe della lotta alla discriminazione Martin Luther King, il presidente ha messo in luce nuove frontiere dei diritti civili. Sull'uguaglianza delle donne, che lo ha già visto durante il primo madato firmare leggi per aumenti delle paghe: «Il viaggio dell'America non sarà completo finché le nostre mogli, madri e sorelle non potranno guadagnarsi da vivere in proporzione ai loro sforzi».

Per la prima volta nella storia d'un discorso inaugurale ha anche citato esplicitamente gli americani gay: «I nostri fratelli e sorelle gay» devono essere trattati «come tutti gli altri agli occhi della legge, perché se siamo davvero creati uguali, allora sicuramente l'amore che offriamo agli altri deve essere uguale».
Sull'ambiente, altro tema scottante che ha visto i suoi sforzi a favore delle energie rinnovabili attaccati e spesso fermati dall'opposizione repubblicana, è tornato all'offensiva: bisogna, ha detto, «rispondere alla minaccia del cambiamento climatico». Perché nessuno può mettere in dubbio le siccità record e le bufere devastanti e perché il rischio, altrimenti, è quello di «tradire i nostri figli e le prossime generazioni».

Se la sua agenda sociale, che tra le priorità comprende anche un'ambiziosa riforma dell'immigrazione capace di aprire le porte della cittadinanza a molti americani al momento "illegali", troverà davvero compimento nel secondo mandato resta tutto da dimostrare. Ma a volte le parole contano e diventano una preziosa eredità lasciata al futuro. Come aveva già detto Martin Luther King - e Obama non ha avuto bisogno adesso di ripetere: «Ho un sogno».

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