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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2013 alle ore 06:39.

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ROMA
Alla fine, ma solo alla fine, Nicola Cosentino ha rinunciato. Ci si è arrivati dopo una due giorni di riunioni pressoché ininterrotte. Di gossip che davano l'ex sottosegretario all'Economia, accusato di collusione con il clan camorristico dei casalesi, ora candidato e un'ora dopo fuori lista e che è culminato con il giallo – smentito ufficialmente dal Pdl – delle firme trafugate dallo stesso Cosentino (o più verosimilmente da qualcuno a lui vicino) dopo che Berlusconi gli aveva comunicato l'esclusione e la successiva corsa dei candidati campani a Napoli per mettere a posto gli ultimi adempimenti.
Il Cavaliere avrebbe certo preferito un finale con meno clamore, ma l'importante per Berlusconi era raggiungere l'obiettivo, ovvero tener fuori gli «impresentabili» dalle liste, come i sondaggi gli consigliavano anche a costo di rimetterci la vittoria in Campania. Il rischio, qualora avesse ceduto alla pressione di Cosentino & co., era di invertire il trend attuale che vede da un paio di settimane il Pdl in crescita. Una vittoria anche per Angelino Alfano che fin dall'inizio aveva chiesto un segnale chiaro sul fronte «liste pulite». «Abbiamo scelto di non ricandidare Nicola Cosentino e crediamo di avere fatto la scelta giusta, ondata sulla inopportunità da noi considerata grave di una sua ricandidatura», ha confermato al Tg1 il segretario del Pdl. Oltre a Cosentino erano già stati depennati Dell'Utri, Scajola, Milanese, Papa, Landolfi e altri «impresentabili».
Nel Pdl però la tensione resta altissima. E non solo per il caso degli impresentabili. Malumori ci sono un po' ovunque. Soprattutto in quelle Regioni che si sono viste costrette ad accogliere i cosiddetti «paracadutati». In Abruzzo c'è stata la levata di scudi contro Domenico Scilipoti (il presidente Chiodi avrebbe minacciato le dimissioni) che all'ultimo minuto è stato "trasferito" in Calabria. Ma non è stato preso bene neppure l'atterraggio in Liguria dell'ex direttore del Tg1 Augusto Minzolini, oppure di Daniele Capezzone e Annagrazia Calabria in Piemonte: tutti inseriti nelle primissime posizioni che significa elezione assicurata. Vale anche per Maria Rosaria Rossi, fedelissima del Cav., che Berlusconi – capolista in tutte le regioni – ha voluto al quarto posto nel collegio senatoriale del Lazio preceduta da due big come Maurizio Gasparri e Claudio Fazzone.
Berlusconi è convinto che le scelte porteranno a un saldo positivo. Il suo obiettivo minimo è impedire al Pd di governare da solo. Quindi metterlo in difficoltà al Senato. Le decisioni sulle candidature lo confermano. Meglio vincere in Lombardia, dove la questione «liste pulite» pesa, che pareggiare in Campania. La sua scelta Berlusconi l'aveva già presa leggendo i sondaggi. Al punto che qualcuno nell'entourage di Cosentino ha parlato di «tradimento». «Prima ci hanno fatto credere che era tutto a posto (e in effetti Cosentino nelle liste era stato inserito al terzo posto, ndr) – spiega un deputato vicino all'ex sottosegretario – e poi all'ultimo momento, l'ultimo giorno gli hanno dato il benservito». Si vedrà oggi qual è la reazione dell'ex sottosegetario. Ma ormai il più è fatto.
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