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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2013 alle ore 08:39.

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Dopo i lievi segnali di miglioramento registrati nel 2011, nel 2012 la ricaduta di molti paesi in recessione ha provocato un nuovo peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro nel mondo. A cinque anni dallo scoppio della crisi, il bilancio è dunque ora di 28 milioni di posti di lavoro persi a livello globale, di cui la metà nelle economie avanzate mentre il numero totale dei senza lavoro è salito a 197 milioni di persone con altre 39 ormai uscite dal mercato del lavoro e senza più speranza di trovare un impiego. È questo il quadro tracciato dall'International Labour Organization (Ilo) in uno speciale rapporto sui trend globali della disoccupazione negli ultimi anni e su sfide e prospettive per il prossimo biennio. Se nel 2012 sono stati persi altri 4 milioni di posti di lavoro, di cui solo un quarto nelle economie avanzate e il resto nei paesi emergenti - a conferma di un graduale ma sempre più accentato effetto di contagio - per il prossimo futuro le attese sono di un ulteriore inasprimento della crisi occupazione.

L'Ilo pronostica la perdita di altri 5,1 milioni di impieghi nel 2013, a un totale di 202 milioni, e di altri 3 milioni nel 2014. Ma guardando ancora più in là, nonostante il progressivo ritorno a tassi positivi di crescita, l'Ilo prevede che il numero dei senza lavoro arriverà nell'arco di 5 anni a quota 210,6 milioni. La ragione di questo ulteriormente peggioramento é, secondo l'Ilo, da attribuire in buona misura alle misure di austerità che hanno avuto effetto pro ciclico, cioé hanno aggravato la crisi in atto con un impatto negativo sui consumi dei privati e gli investimenti delle aziende. «Indebolito dal calo aggregato della domanda - recita il rapporto Ilo - il mondo del lavoro é stato ulteriormente penalizzato dai programmi di austerità fiscale varati in molti paesi che spesso hanno comportato tagli diretti all'occupazione e agli stipendi, con un impatto diretto sul mercato occupazionale. Ben lungi dall'avere gli effetti anticiclici delle misure varate nel 2009 e 2010, le ultime politiche hanno spesso avuto effetti pro ciclici contribuendo a determinare la ricaduta dell'occupazione rilevata in questo rapporto».

Secondo l'Ilo, «l'incoerenza tra le politiche monetarie (accomodanti) e le politiche fiscali (restrittive) adottate in vari paesi e un approccio disorganico alla risoluzione dei problemi dei settore finanziario e del debito sovrano, specie in Europa, hanno contribuito ad aumentare l'incertezza dell'outlook globale». L'indecisione dei policy makers in molti paesi, prosegue il rapporto, ha portato a incertezza sul futuro e ha rafforzato la tendenza delle aziende ad aumentare la propria liquidità, o a distribuire maggiori dividendi, anziché a investire per espandere la capacità e assumere nuovi lavoratori. L'aumento medio dei tempi di disoccupazione sta inoltre comportando un serio problema di asimmetria tra la formazione attuale dei lavoratori rimasti senza impiego e i requisiti richiesti dai nuovi impieghi. «I nuovi lavori che diventano disponibili - si legge nel rapporto - spesso richiedono competenze che i disoccupati non hanno. Tali asimmetrie di capacità renderanno più lenta la reazione del mercato del lavoro a ogni accelerazione delle attività nel medio termine, a meno che non vengano introdotte misure di supporto per aiutare i lavoratori ad aggiornarsi professionalmente».

Ma la crisi, prosegue l'Ilo, sta avendo conseguenze particolarmente gravi per quanto riguarda i giovani lavoratori. «I giovani restano particolarmente colpiti dalla crisi - scrivono gli economisti dell'Ilo - e al momento ben 73,8 milioni di giovani a livello globale sono senza occupazione e il rallentamento nelle attività economiche ne spingerà un altro mezzo milioni fra le fila dei disoccupati entro il 2014. Il tasso di disoccupazione giovanile, che nel 2012 é già salito al 12,6%, arriverà al 12,9% entro il 2017». Rispetto al passato, inoltre, i giovani si ritrovano a dover fare i conti con un periodo prolungato di disoccupazione sin dall'inizio del loro ingresso nel mercato del lavoro, una cosa mai osservata durante i precedenti downturn ciclici. «Al momento - spiega l'Ilo - circa il 35% di tutti i giovani disoccupati nelle economie avanzate sono senza impiego da almeno sei mesi contro il 28,5% del 2007. Di conseguenza un numero crescente di giovani ha perso la speranza e ha lasciato il mercato del lavoro».

In Europa inoltre, dove questo problema è particolarmente sentito, circa il 12,7% di tutti i giovani in questo momento sono bloccati in un limbo senza prospettive, non più studenti ma non ancora lavoratori, una percentuale superiore di quasi 2 punti rispetto a prima della crisi. «Periodi così lunghi di disoccupazione e di scoramento nelle fasi iniziali della carriera di un lavoratore - ammonisce l'Ilo - possono danneggiarne le prospettive di lungo periodo perché le capacità professionali e quelle di integrazione sociale diminuiscono e non viene aggiunta l'esperienza acquisita sul lavoro». Per impedire che questa diventi una «lost generation», una generazione persa, l'Ilo invita a governi ad aiutare i giovani aumentando i legami tra il mondo dell'istruzione e quello del lavoro anche mediante forme di addestramento come l'apprendistato. Inoltre deve essere migliorato l'accesso dei giovani alle informazioni sulle opportunità presenti nel mercato del lavoro e vanno offerti incentivi per un loro inserimento nel mondo del lavoro, anche tramite aiuti ai giovani imprenditori. L'Ilo sottolinea inoltre l'importanza che i governi si assicurino che i giovani ricevano uguale trattamento e che vedano i loro diritti difesi al lavoro, incluso il loro diritto a organizzarsi e a trattare collettivamente, in modo da garantire loro un'adeguata protezione sociale.

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