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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2013 alle ore 08:22.
Una terapia d'urto che porti il Pil a crescere di almeno il 2% l'anno? Il vicesegretario del Pd Enrico Letta invita alla cautela. «Quello di Confindustria è un piano apprezzabile e ambizioso, io spero che non sia troppo ambizioso. Noi raccogliamo la sfida, tenuto conto che abbiamo impostato la nostra campagna elettorale sulle parole realtà e verità. Prima di parlare di cifre abbiamo il dovere di verificare la condizione dei conti pubblici».
Va prima vista la «polvere sotto il tappeto», come dice Bersani?
Va fatto il punto sui conti tenendo conto del dato crescita, che è stata sovrastimata, e del dato invece positivo del calo dello spread. Per questo non mi sento di aderire ora alle cifre di Confindustria per quanto riguarda la parte quantitativa, mentre sulla parte qualitativa posso dire fin da ora che molti degli interventi faranno parte dei nostri primi 100 giorni.
Temete che ci sarà bisogno di una manovra bis, onorevole Letta?
Vedremo i conti, parleremo con Bruxelles e poi decideremo.
Torniamo al piano Confindustria. Prima dunque il Titolo V e poi si vede se ci sono risorse per abbassare il costo del lavoro.
Certamente sì, e da subito, alla correzione del Titolo V, a partire dall'annosa questione della competenza concorrente. Quanto alla corruzione e alla sburocratizzazione, le proposte di Confindustria coincidono in parte con le nostre. Anzi, sulla corruzione mi sento di dire che noi abbiamo fatto un passo oltre: non può esserci anticorruzione senza i reati di falso in bilancio e di autoriciclaggio. Sulla parte quantitativa occorre invece aspettare la verifica sui conti: le norme antievasione le faremo subito, mentre le riduzioni fiscali ci saranno quando ce le potremo permettere.
L'obiettivo taglio del costo del lavoro dell'8% è dunque troppo ambizioso?
La riduzione del cuneo fiscale su lavoro e imprese è un nostro punto fermo. L'unica riduzione del cuneo fatta è opera di Prodi. Ma occorre aspettare le risorse. Con il riequilibrio della tassazione sulle rendite finanziarie dal 20 al 23% si possono intanto trovare le prime risorse.
E sulla crescita? Non è necessario dare un segnale subito?
Anche su questo fronte occorre cautela. Magari fossimo in grado di liquidare subito 48 miliardi di debiti delle Pa, ma non mi pare semplice. Sulla crescita la chiave di volta si chiama credito d'imposta al Sud per la ricerca e i giovani: va introdotta una fortissima automaticità evitando controproducenti intermediazioni. C'è poi il piano per l'internazionalizzazione delle imprese che stiamo mettendo a punto per sostenere l'export. E c'è il turismo, sul quale il 31 presenteremo a Roma le nostre proposte prioritarie. Sempre sulla crescita, ci impegniamo poi a rilanciare le piccole opere pubbliche grazie alla riforma del patto di stabilità interno.
Riforma del lavoro: Confindustria propone più flessibilità in entrata e una maggiore autonomia alle parti sociali nel definire gli aspetti applicativi delle norme contrattuali.
Siamo contrari a mettere mano per la sesta volta a una riforma generale del lavoro. È controproducente riaprire sempre questo capitolo "ideologico". Resta la riforma Fornero, partiamo da lì e con le parti sociali facciamo uno screening da cui potrà venire qualche aggiustamento. Vanno invece avviate le politiche attive del lavoro, dall'apprendistato alla formazione.
La vicenda del Monte dei Paschi di Siena mette in difficoltà il Pd?
Il sistema bancario e il sistema politico sono autonomi. Per quanto riguarda il Mps, la territorialità della banca ha prodotto un eccesso di municipalismo che ha rappresentato una zavorra per il sistema politico locale già dai tempi della Dc. Invito comunque a ricercare negli atti parlamentari le tante proposte del Pd che vanno nella direzione di una stretta sui derivati.
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