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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2013 alle ore 08:11.

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ROMA
«Destra e Lega non si azzardino a insinuare che su Mps siamo stati scorretti, perché li sbraniamo». Pier Luigi Bersani attacca, non ci sta a essere messo nell'angolo nel bel mezzo della campagna elettorale. Nel mirino del segretario del Pd ci sono anzitutto i partiti della coalizione di centrodestra. Ma il candidato premier del centrosinistra – che lancia anche la proposta di affidare all'attuale vertice della banca «poteri commissariali» – non fa sconti neppure a Monti, che l'altro giorno aveva esplicitamente richiamato la «responsabilità» politica del Pd sulla gestione di Rocca Salimbeni.
Il Comune infatti assieme alla Provincia nomina 13 dei 16 consiglieri della Fondazione che a sua volta controlla il 36,5% di Mps. Bersani ricorda che a volere il ricambio alla guida della banca – ossia il passaggio da Mussari a Profumo-Viola – fu l'ex sindaco di Siena Franco Ceccuzzi, messo in minoranza proprio per questo dal suo stesso partito, in particolare da sei ex Pd provenienti dalla Margherita, guidati da quell'Alfredo Monaci oggi candidato della lista Monti, che ha fatto parte del Cda della banca dal 2009 al 2012 e che è stato anche presidente di Biverbanca (partecipata Mps) e di Mps immobiliare. A fare esplicitamente il nome di Monaci era stato in mattinata Massimo D'Alema nel corso di Omnibus, su La7. «Il professor Monti, che ora punta il dito contro di noi, ha preso quello che fino all'ultimo ha sostenuto la vecchia gestione di Mps e ha contribuito a rovesciare il sindaco, e lo ha messo nella sua lista elettorale», ha tuonato D'Alema.
All'ex ministro degli Esteri risponde Monti sottolinenando di non conoscere personalmente Monaci: «È stato segnalato da territorio e non sapevo che fosse stato del Pd né di quale ala o vendemmia del Pd fosse». Quanto all'accusa del Pdl di aver regalato risorse pubbliche alla banca, il premier ha risposto ricordando che il finanziamento di 3,9 miliardi «se ci sarà» verrà realizzato sotto forma di «prestito a tasso molto elevato». Rispetto all'affondo di giovedì Monti è parso però più conciliante con il Pd: «A me non piace affondare coltelli. L'Italia ha bisogno di collaborazione, di un grande sforzo di riforme. E bisogna cercare quelli che ci stanno». A rispondere a Bersani e D'Alema è stato anche lo stesso Monaci sottolineando che quando è arrivato in Mps l'operazione per l'acquisto di Antonveneta era «già conclusa da tempo» e che attualmente non ha più alcun incarico.
Chi invece non rinuncia a martellare il Pd sul legame con Rocca Salimbeni sono Grillo e il centrodestra. «Ho letto su Repubblica, che è l'organo ufficiale del Pd – ironizza il leader del M5s –, che c'erano miliardi di tangenti a Londra nell'ambito del Mps: ecco perché non votarono contro lo scudo fiscale!». Anche dal Pdl arrivano bordate. «Bersani non è in grado di sbranare nessuno, al massimo, può "sbancare"» dice il portavoce Daniele Capezzone mentre Angelino Alfano preferisce dedicarsi al premier: «Monti strilla troppo tardi».
Ad Alfano ha risposto prima Monti («il finanziamento a Mps è un prestito mentre l'Imu non torna indietro») e poi il finiano Benedetto Della Vedova che ricorda all'ex Guardasigilli di aver approvato da ministro del governo Berlusconi «la concessione di 2 miliardi di Tremonti bond a Mps, a cui anche l'attuale esecutivo è costretto a correre in soccorso». Anche la Lega si fa sentire. Maroni ci tira dentro anche il suo avversario alla guida della Lombardia: «Umberto Ambrosoli e il Pd sono "moralisti da strapazzo" che fanno la morale la morale dopo aver sempre taciuto sul "sistema Sesto" e contribuito al disastro Mps», scrive su Twitter il leader del Carroccio. Infine, Antonio Di Pietro che chiede sia fatta luce «prima del voto». L'ultimo affondo al Pd arriva da Berlusconi che ritiene sia necessario innanzitutto mettere in sicurezza Mps e poi accertare le colpe. «Ma è chiaro a tutti – puntualizza il Cavaliere – che se la sinistra non è in grado di gestire una banca non può certo governare il Paese».
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