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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2013 alle ore 17:00.

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All'inizio della seconda guerra mondiale divese decine di milioni di dollari - in contanti e titoli - uscirono dal Vaticano verso le banche durante americane per sfuggire alla minaccia dei nazisti e andarono a finanziare le banche di Usa e Gran Bretagna. La storia è rivelata oggi dall'Osservatore Romano, che in prima pagina pubblica un ampio servizio dal titolo "I dollari del Papa contro Hitler" sula base della ricerche di Patricia M. McGoldrick, della Middlesex University, pubblicate nella rivista della università di Cambridge "The Historical Journal".

Una storia sconosciuta - scrive l'Osservatore, diretto da Giovanni Maria Vian - «che obbliga a tracciare nuovi bilanci». Una storia di spionaggio, di contatti segreti, di documenti molto delicati, rimasti nascosti per settant'anni e che solo ora emergono dagli archivi con tutta la loro forza. Al centro di questa storia c'è Bernardino Nogara, membro della direzione della Banca commerciale italiana e amico della famiglia Ratti, che nel 1929 viene chiamato alla guida delle finanze della Santa Sede. Sarà lui, diretto dai vertici della Curia, il protagonista della strategia finanziaria del Vaticano che durante la seconda guerra mondiale diede un apporto fondamentale alla vittoria degli Alleati contro il nemico nazifascista. Una strategia fatta di milioni di dollari investiti nelle maggiori banche degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, con i quali sono state aiutate Chiese perseguitate e popolazioni stremate.

Il testo della McGoldrick si basa sulla scoperta di documenti del servizio segreto britannico risalenti al periodo 1941-1943, conservati nei National Archives britannici e concernenti le attività delle principali istituzioni finanziarie vaticane: la Sezione straordinaria dell'Amministrazione dei Beni della Santa Sede (Asss) - oggi Apsa - e l'Istituto per le Opere di Religione (Ior). Le carte rivelano, oltre alle regolari comunicazioni con le diocesi, le nunziature e gli istituti cattolici sparsi in tutto il mondo, anche vasti movimenti di denaro verso le grandi banche d'affari statunitensi. Da tutto ciò «apprendiamo che all'inizio della seconda guerra mondiale il Vaticano spostò rapidamente i suoi titoli e le sue riserve auree dalle zone minacciate dall'occupazione nazista verso gli Stati Uniti, fece degli Stati Uniti il centro finanziario dal quale sostenere e amministrare la Chiesa universale e investì altri dieci milioni di dollari nell'economia americana».

In altre parole - specifica l'Osservatore, nell'articolo a firma di Luca M. Possati - la Santa Sede usò lo strumento finanziario per combattere la follia nazista e alleviare le ferite dell'Europa. E lo fece con grande efficacia. Sin dai primi anni del mandato Nogara e i suoi collaboratori tesserono una fitta tela di relazioni e contatti, dimostrando una notevole abilità diplomatica. «L'Asss aveva i suoi conti presso JP Morgan & Co. (banca che aveva rapporti con il Vaticano fino a un anno fa, quando chiuse il conto allo Ior per violazioni alla trasparenza, come rivelato dal Sole 24 ore, ndr) mentre lo Ior si serviva della National City Bank of New York». A ciò si aggiungevano contatti in Gran Bretagna, dove l'Asss aveva un conto in Morgan Grenfell, la banca sorella di JP Morgan, mentre lo Ior aveva rapporti con Barclays.

Inoltre dal 1939, come dimostrano i contatti di Nogara con Washington, il Vaticano investì ingenti somme in US Treasury Bills, nelle grandi aziende manifatturiere e tecnologiche, in compagnie come Rolls Royce, United Steel Corporation, Dow Chemical, Westinghouse Electric, Union Carbide e General Electric. E McGoldrick si spinge fino a parlare di «un fiume di denaro dal Vaticano» utilizzato dall'industria bellica statunitense «che sconfisse i nazisti e mise fine per sempre ai bestiali assassinii dell'Olocausto».

In un commento al servizio Vian confuta la tesi - emersa qualche giorno fa - secondo cui in base a rivelazioni del Guardian il Vaticano avrebbe costruito un impero immobiliare internazionale grazie ai "milioni di Mussolini", una fortuna che sarebbe stata ottenuta in cambio del riconoscimento del regime da parte della Santa Sede nel 1929 e sulla quale graverebbe una coltre di segretezza. Al contrario - dice il direttore del quotidiano della Santa Sede, anche lui docente e storico - «anche con legittimi investimenti in tempo di guerra compiuti soprattutto negli Stati Uniti, la Santa Sede sostenne gli Alleati contro il nazismo».

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