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Questo articolo è stato pubblicato il 30 gennaio 2013 alle ore 06:38.

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ROMA
Un'attività di vigilanza «continua, pregnante, di intensità crescente» negli ultimi cinque anni, com'è stata definita ieri dal ministro Vittorio Grilli. Soprattutto, un'attività che ha consentito di spingere l'azienda di credito a riportare il coefficiente patrimoniale totale (total capital ratio) del Monte dei Paschi di Siena dal 9,3% della fine del 2008 al 15,4% del mese di settembre 2012, a fronte di un minimo regolamentare previsto dalla normativa dell'8 per cento.
Il momento più stringente di questa attività è quando Bankitalia spedisce gli ispettori per la seconda volta: «Data la difficile situazione emersa - spiega Via Nazionale - a seguito della nuova ispezione, il 15 novembre 2011 il Direttorio della Banca d'Italia convoca i massimi vertici di Mps e della Fondazione, al fine di metterli di fronte alle proprie responsabilità e richiede una rapida, netta discontinuità nella conduzione aziendale». Quano poi Mps licenzia Vigni e gli riconosce 4 milioni di liquidazione, Bankitalia apre una specifica procedura sanzionatoria sul compenso al manager (ma in rapporto alle irregolarità sono in piedi procedure sanzionatorie per gli amministratori, per il Dg per i sindaci e per i componenti del direttivo all'epoca dei fatti).
Soprattutto, gli accertamenti del 2011 hanno messo in luce l'esistenza di profili di interesse per l'autorità giudiziaria. Per questo a maggio 2012 l'intero rapporto viene consegnato alla Procra della Repubblica di Siena, e stralci del rapporto sono stati inviati alla procura di Milano e alla Consob. Infine, il 15 ottobre scorso Mps comunica alla Vigilanza l'esistenza di un contratto che prova l'esistenza di un collegamento fra la ristrutturazione del titolo Alexandria e le operazioni "repo" eseguite con Nomura e fa capire le reali finalità di quelle operazioni (la copertura di perdite di bilancio pregresse). Bankitalia chiede ai nuovi amministratori la ricostruzione contabile dell'intero periodo e immediatamente informa la Procura, precisando che quel contratto è stato occultato agli ispettori di Vigilanza sia nel 2010 che nel 2011.
Nella lunga e dettagliata memoria che il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha consegnato ieri come appendice documentale dell'audizione del ministro dell'Economia c'è anche il dato che chiarisce perchè, come è emerso nei giorni scorsi, secondo la banca centrale ad oggi il commissariamento di Mps sia un'opzione fuori discussione (non si commissaria una banca finché ha un coefficiente patrimoniale del 15%). L'intervento pubblico richiesto (ovvero i due miliardi di Monti bond per i quali Bankitalia ha dato parere positivo il 26 gennaio) è volto a creare quel cuscinetto patrimoniale aggiuntivo chiesto dall'Eba alla fine del 2011, per irrobustire le banche di fronte alla crisi del debito sovrano.
Ma il documento contiene tutte le tappe della Montepaschi story vista da Via Nazionale: da quando, a gennaio del 2008, Mps presentò l'istanza per l'acquisizione del gruppo Antonveneta da Abn Ambro, con quel prezzo che impegnava a usare 9,5 miliardi della propria liquidità nel giro di un anno. «Secondo la normativa vigente – annota Bankitalia – l'esborso viene valutato in relazione all'adeguatezza patrimoniale e in base alla sua sostenibilità finanziaria da parte dell'Mps». Come dire: la legge non ci dà i poteri per bloccare un'acquisizione perchè il prezzo è troppo elevato e la definizione del prezzo rientra nella piena autonomia imprenditoriale delle banche.
L'istituto di credito aveva inoltre presentato un piano di rafforzamento patrimoniale pari a 6 miliardi, di cui 5 riservati agli azionisti e 1 riservato a JP Morgan, al servizio di un'emissione di titoli convertibili in azioni del Monte(i titoli FRESH); altri 2 miliardi, secondo il piano originario, vengono raccolti attraverso altri strumenti obbligazionari. Già nel mese di marzo 2008 Bankitalia comunica a Mps che il disco verde sull'operazione è condizionato alla realizzazione del rafforzamento patrimoniale; ma, intanto, chiede a Mps di assicurare che il contratto che riserva un aumento di capitale a JP Morgan a fronte dell'emissione di titoli FRESH sia davvero equiparabile a capitale e quindi garantisca «il pieno trasferimento a terzi del rischio d'impresa». Il confronto va avanti e a settembre 2008 Bankitalia formalizza tutti gli elementi che impediscono di computare a patrimonio di qualità primaria i titoli FRESH, chiedendo adeguati cambiamenti. Mps obbedisce e cambia la struttura contrattuale e a ottobre del 2008 la Banca ne prende atto. Ma, riferisce via Nazionale, a seguito di successivi accertamenti, si è poi evidenziato che questo non rispondeva al vero e che quindi si è configurato un reato: anche su questo stanno ora indagando i magistrati.
Ma la cronistoria chiarisce anche il dettaglio delle due lunghe ispezioni del 2010 e del 2011. Dopo quella del 2010 emergono con chiarezza punti critici relativi a tre questioni, ovvero il rischio di liquidità (e Bankitalia impone il monitoraggio giornaliero dei saldi liquidi dell'istituto, da inviare controfirmati dal direttore generale, Antonio Vigni); il rischio tasso d'interesse e il rischio sovrano (viene messo sotto controllo il portafoglio dei titoli di stato, molto elevato e pari a 25 miliardi). E arriviamo al 2011: dall'estate la crisi del debito sovrano si estende all'Italia e determina un nuovo, forte indebolimento della posizione di liquidità dell'istituto senese.
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