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Questo articolo è stato pubblicato il 30 gennaio 2013 alle ore 06:40.

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BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
Il Commissario agli affari economici Olli Rehn è tornato ieri a ricordare la gravità della situazione italiana nel 2011 che portò alla caduta del governo Berlusconi e alla nomina del governo Monti. Probabilmente preoccupato da un dibattito politico che sembra essersi dimenticato di quel periodo, Rehn ha criticato esplicitamente la politica del precedente esecutivo. La presa di posizione ha indotto il Commissario all'Industria Antonio Tajani a prendere le distanze dall'uomo politico finlandese.
Tra agosto e novembre del 2011 - ha sostenuto Rehn a Bruxelles - «il governo Berlusconi ha deciso di non rispettare più gli impegni presi in estate con l'Europa e in questo modo ha soffocato la crescita economica italiana». Questa scelta ha portato «alla fine del governo Berlusconi e alla formazione del governo di Mario Monti che poi è riuscito a stabilizzare la situazione in Italia». Tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno del 2011 i rendimenti decennali italiani sono saliti fino a superare il 7%.
Successivamente, in una nota, il portavoce Simon O'Connor ha precisato che Rehn non voleva in alcun modo influenzare la campagna elettorale. «Né il vice presidente Rehn né la Commissione commentano sui temi di campagna elettorale, in Italia o in qualsiasi altro paese membro». Non è la prima volta tuttavia che il commissario fa un confronto tra i due governi che si sono succeduti negli ultimi due anni. Silvio Berlusconi ha lasciato il potere nel novembre 2011, sostituito da Monti.
Già a inizio mese, Rehn aveva criticato la politica del governo Berlusconi, anche se in modo meno esplicito (si veda Il Sole-24 Ore del 12 gennaio). Focalizzare la propria analisi sulla persona di Berlusconi sarebbe però riduttivo. Il timore della Commissione è legato più in generale al timore che il paese, dopo le elezioni, abbandoni gli sforzi di politica economica compiuti negli ultimi mesi. Preoccupano le prese di posizione di molti partiti che promettono di rivedere le misure adottate finora.
Ieri l'uscita di Rehn ha contribuito a creare nervosismo tra gli stessi commissari. Ha commentato Antonio Tajani, commissario all'Industria ed esponente di primo piano del Popolo della Libertà, il partito fondato da Berlusconi: «Come responsabile della politica industriale e quindi di un settore essenziale per il rilancio della crescita mi dissocio e mi rammarico per la dichiarazione sull'Italia del mio collega Olli Rehn, che rischia di fare apparire non indipendente la commissione europea».
Le prese di posizione dei singoli commissari sono segnate dall'ambiguità che caratterizza l'esecutivo comunitario, al tempo stesso organo tecnico e potere politico. Nell'esprimersi sulle politiche dei singoli paesi, la Commissione non fa che mettere in pratica il suo ruolo di guardiano dei paesi della zona euro, in un contesto di crescente controllo reciproco. Tuttavia, essendo il collegio composto da uomini politici, le loro uscite perdono inevitabilmente il semplice carattere tecnico.
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BOTTA E RISPOSTA
Rehn critica Berlusconi
Il Commissario Ue all'economia Olli Rehn ha detto ieri che nel 2011, «il governo Berlusconi ha deciso di non rispettare più gli impegni presi con l'Europa e bloccò la crescita». Poi la precisazione: «Nessun intervento sulla campagna elettorale in Italia»
Il Pdl chiede le dimissioni
«È inaccettabile che Olli Rehn, intervenga nella campagna elettorale di uno Stato membro, peraltro con affermazioni false», ha sostenuto il segretario del Pdl Alfano, in una nota. E l'ex ministro Brunetta ha chiesto una commissione d'inchiesta e le dimissioni di Rehn

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