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Questo articolo è stato pubblicato il 31 gennaio 2013 alle ore 12:34.

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L'azione della magistratura riguarda tre filoni d'inchiesta: l'acquisto di Antonveneta da parte di Banca Mps, nel 2007 per 9,3 miliardi; le operazioni su derivati e il prestito convertibile Fresch realizzati da Rocca Salimbeni nel 2008 per pagare il conto di Antonveneta agli spagnoli del Santander; le pratiche di alcuni dirigenti del gruppo senese dell'area finanza, la cosiddetta "banda del 5%", accusati di fare la cresta sui dossier.

L'indagine più delicata è la prima. Sotto la lente degli investigatori è finita la ricca plusvalenza (oltre 2 miliardi) che il Santader ha realizzato in poco più di un mese, da quando cioè nell'ottobre del 2007 aveva conquistato in cordata con Rbs e Fortis l'olandese Abn Amro, nel cui portafoglio si trovava appunto Antonveneta, rivenduta in novembre a Banca Mps. Protagonisti della clamorosa transazione furono il presidente senese Giuseppe Mussari e il leader spagnolo Emilio Botin.

L'accordo arrivò per telefono e il rilancio sul presso iniziale, che era di 8 miliardi, fu giustificato con la necessità di chiudere rapidamente battendo la concorrenza di altri pretendenti (Bnp Paribas). Alla fine i mille sportelli di Antonveneta costarono quasi 10 milioni ciascuno e Rocca Salimbeni si accollò anche i prestiti interbancari (circa 7 miliardi) che Santander e Abn Amro avevano fatto alla banca padovana. I magistrati (e non solo loro) vogliono verificare se furono pagate tangenti.

Il secondo filone è quello tecnicamente più difficile da districare, perché prende in esame almeno due operazioni su prodotti derivati, denominate Santorini e Alexandria, con le quali Mps provò a spalmare le perdite di precedenti operazioni (Alexandria) o su partecipazioni (Santorini) in modo da non compromettere i bilanci. E' su questo fronte che l'ipotesi investigativa ipotizza il falso in bilancio e l'ostacolo alla vigilanza, soprattutto per quanto riguarda il Fresh, la cui ricaduta sul patrimonio della banca senese all'epoca guidata dal direttore generale Antonio Vigni non sarebbe stata debitamente segnalata alle autorità.

La terza strada che i magistrati stanno battendo, grazie anche alle carte ricevute dai colleghi di Milano, riguarda alcune pratiche disinvolte di dirigenti dell'area finanza, in quel momento sotto la responsabilità di Gianluca Baldassarri, messe a segno tra Londra e la Svizzera. Si tratta probabilmente della parte meno eclatante dell'inchiesta e, se le accuse si dimostreranno fondate, più triste dell'intera vicenda. Le novità però non sembrano finite.

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