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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2013 alle ore 08:16.

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Verdetto ribaltato e sette anni di reclusione per l'ex capo della Cia in Italia, Jeff Castelli. È questa la sentenza della Corte d'Appello di Milano pronunciata ieri nel processo "stralcio" per il sequestro di Abu Omar, l'imam egiziano rapito a Milano nel febbraio 2003 dagli agenti della Cia con l'aiuto dei servizi segreti italiani. La decisione ribalta la sentenza di primo grado, che aveva prosciolto Castelli a causa dell'immunità diplomatica. Con lui erano stati assolti anche altri due agenti del servizio di intelligence statunitense, che ieri invece sono stati condannati a sei anni di reclusione.
La Corte di Cassazione ha confermato in via definitiva, lo scorso settembre, la condanna di 23 agenti americani ma ha rinviato alla Corte d'Appello di Milano gli atti sugli ex vertici del Sismi, tra i quali l'ex numero uno Niccolò Pollari e Marco Mancini. La corte aveva infatti annullato con rinvio il «non doversi procedere» causato dall'apposizione del segreto di Stato deciso dai governi guidati da Romano Prodi e Silvio Berlusconi. Il processo contro Pollari, Mancini e altri tre imputati è ricominciato davanti alla stessa Corte d'Appello di Milano. Lunedì scorso, però, uno dei legali di Mancini ha prodotto in udienza una lettera della presidenza del Consiglio nella quale viene «rilevata la vigenza del segreto di Stato» soprattutto per quanto riguarda i rapporti «tra i servizi di intelligence nazionali e stranieri» in merito alle «modalità organizzative». Nella lettera il governo Monti stabilisce anche che «l'autorità giudiziaria non può né acquisire né utilizzare atti coperti da segreto». La sentenza di ieri della Corte d'Appello di Milano cancella in pratica l'immunità diplomatica riconosciuta dal tribunale nel 2009 per l'ex capo della Cia in Italia e gli altri due agenti. Nell'atto di impugnazione la procura generale aveva sostenuto che l'immunità non può essere concessa per reati di tale gravità.
Abu Omar fu rapito a Milano il 17 febbraio 2003. Egiziano e imam del centro culturale islamico di viale Jenner, Abu Omar era indagato dalla procura di Milano per associazione per delinquere finalizzata al terrorismo. L'imam, secondo i magistrati milanesi, era al centro di un complotto per organizzare un attentato contro una scuola americana. Di lui si interessa immediatamente la Cia, che chiede aiuto al Sismi. Con l'apporto di un ufficiale dei Ros, Abu Omar viene rapito, portato in Germania e poi consegnato all'Egitto, dove viene torturato.
Il 5 luglio 2006, la Digos di Milano arresta Mancini e il generale dei Carabinieri Gustavo Pignero. Le indagini convolgono anche il numero uno del Sismi, Pollari. Nel 2007 Pollari, Mancini e altre 32 persone, tra le quali 26 agenti della Cia, vengono mandati a processo ma il governo italiano ricorre per violazione del segreto di Stato. Il 30 settembre 2009 i pm chiedono 13 anni di reclusione per Pollari e per Castelli, 10 anni per Mancini e pene tra i 10 e i 13 anni per i 26 agenti della Cia. Pollari e Mancini vengono però prosciolti in virtù del segreto di Stato mentre gli agenti della Cia vengono condannati a pene tra i 5 e gli 8 anni. Ad Abu Omar viene riconosciuto un risarcimento di un milione di euro.
Pollari e un altro funzionario del Sismi, Pio Pompa, sono stati intanto prosciolti dall'accusa di peculato e di violazione di corrispondenza dal tribunale di Perugia. Pompa è stato invece rinviato a giudizio per possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio.
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